mercoledì 30 ottobre 2013

La stagione dell'amore

Fa freddo. Ok no non fa freddo ma presto lo farà.
Piumoni gelati, giornate che si accorciano fino a non riuscire più a contenere la voglia di cucinare, amici che perdono l'entusiasmo per le uscite dopo cena, uomini oberati dal duro lavoro richiesto per reggere le sorti dell'universo, donne che abbandonano la "spensieratezza estiva" e anche, chissà perché, la voglia di andare in giro con la chiappa al vento e il piede smaltato nel sandalo fetish.
Siamo veramente pronti ad affrontare tutto questo? Ad affrontarlo da soli? Io credo di no.
Per affrontare non tanto l'inverno in sé quanto il suo arrivo c'è bisogno di un sostegno psicologico, anzi un sostegno a 360 gradi, comprensivo di passaggio della copertina dal divano più lontano e di coccola scalda-piede gelato.
Prima che possiate provare l'estasi mistica della first polenta concia da trenta euro dell'anno, cari miei, manca ancora troppo: il bello dell'inverno ci saluta da lontano sventolando il foglio viola che baratteremo per uno stagionale.
Che fare? Fi-dan-zar-si? Sì, subito, fantastico  meraviglioso, dove-devo-firmare-grazie?
"Con chi" sarà un problema che affronteremo in seguito. 
Che bello, che tattico l'ammmore invernale dove ognuno è lo scaldaletto-termoforo dell'altro.
Come in una commedia romantica fatta di neve, Natale e baci, dove la gente che vede il vischio: 1) riconosce il vischio 2) viene presa da un irrefrenabile istinto di limonare, bambini compresi. Insomma, come in un film di fantascienza.
E allora scatta la caccia: muoversi, uscire finché fa ancora caldo, finché la mano che regge il Negroni che ci rende tanto brillanti non è a rischio assideramento. Armati di romantico entusiasmo fino a quando, come un fulmine a ciel sereno sulla spiaggia di Forte dei Marmi in un sabato pomeriggio di maggio, ci colpirà la consapevolezza che alla nostra dolce metà, chiunque sia, a Natale non sapremo che cazzo regalarle.



domenica 27 ottobre 2013

SMS Sì Ma Smettila



No ma parliamo dell'ansia data dal continuare a ricevere messaggi che non vorresti ricevere. L'ansia di dover trovare espedienti per duepiccare senza sembrare troppo crudeli, schivando orari di visualizzazione, amici e ficcanaso e ex che twittano all day long.
Ne approfitto per chiedere scusa a tutti i poveretti che ho tartassato senza tregua durante la mia adolescenza. Scusate, dovevate mandare qualcuno a picchiarmi quando mi rifiutavo di capire che vi facevo cagare.
Quando mi facevo i viaggi in cui eravate troppo occupati ad accudire la nonna malata da ricordarvi del telefono e invece vi stavate scervellando con quattro amici su come schivare il mio quarto messaggio in un'ora senza giocarvi la possibilità di farvi presentare le mie amiche.
Scusate. Vi capisco, forse per contrappasso mi sono meritata una vita di "ma perché se lo hai letto non mi hai risposto?" per i quali ho già finito le risposte credibili.



sabato 12 ottobre 2013

Piccoli gesti in via d'estinzione


Cose che gli uomini hanno smesso di fare, senza che nessuno glielo abbia chiesto.

Vietato chiedermi  "Ma che razza di uomini frequenti?" Perché ho frequentato anche voi, pirla.


- Aprire le portiere. 
L'altra sera a momenti pesto il piede del gentiluomo con il quale avrei dovuto condividere il taxi e m'è calata la lacrima quando, dopo averlo fissato per trenta secondi, ho constatato che non mi stava inseguendo ma voleva aprirmi lui la portiera...

- Lasciarti passare. 
Il palo che si frappone tra voi e il ristorante lo vuole superare prima lui, non c'è niente da fare. Anche se avete la quarta di reggiseno e gli state sussurrando languidamente tutte le vostre fantasie erotiche lui vi calpesterà, vi tirerà una spallata, camminerà più avanti di voi. E comunque, cari amici uomini, facendo i galanti rimanendo indietro guadagnereste anche 15 secondi di preziosa vista culo di quella con cui siete, brutto?

- Passarti a prendere. 
Fare la circonvallazione non nuoce alla salute, e vale davvero la pena rinunciare alla reputazione di galantuomo per guadagnare  10 minuti di macchina ? E poi...tu, lei, fine serata, in macchina davanti al portone di casa sua, che tu abbia una Panda o un'Aston Martin, che tu l'abbia portata da Nobu o al Giropizza, oltre il secondo appuntamento il limone è dato praticamente per sicuro. Pensaci quando le fai prendere il motorino da sola alle 22.30...

- Dare due di picche. 
  L'uomo degli anni 2000 non ti rifiuta dandoti della deficiente perché non hai capito che una donna sola è troppo poco per lui, l'uomo degli anni 2000 scompare. Puff, Abracadabra, Bim Bum Bam: esercizi di sparizione che manco Dynamo sotto stupefacenti e ri-comparsate nella vita di ignare fanciulle, preferibilmente tue amiche o vicine di casa. Peccato che si siano dimenticati di rubare a Harry Potter anche il mantello dell'invisibilitá e che ci tocchi guardare le loro facce da culo codardo andare in giro per la città. O in improbabili foto su Facebook.




...E per favore Rodolfi Valentino di via Manzoni  evitatemi la filippica sull'inutilità dell'iperobsoleta cavalleria. 
D'altronde famoso è il detto "Si apre una portiera, si apre un portone". Quello di casa sua, quando lei vi dice finalmente "Vuoi salire?".



lunedì 7 ottobre 2013

Carlottosofia

Oggi, lunedì di pioggia, vigilia dell'inizio delle mie lezioni, ho imparato qualcosa. 
Ho imparato che essere un'amica non è un'azione consapevole in corrispondenza del suo svolgimento. Non sei un'amica perchè s'ha da fare, sei un'amica perché il tuo stomaco, accartocciato dalla sofferenza di qualcun altro, ti urla di fare qualcosa. 
Ho imparato che tutta l'amicizia contenuta in un gesto sta negli occhi di chi ti sta ringraziando per esserci stata, anche se il grazie in questione non è fatto di parole. Sei un'amica se della fatica fatta te ne accorgi solo tornata a casa, e ripensandoci non ti sembra di aver dato ancora abbastanza, ti "sembra il minimo" per davvero.
Ho imparato che essere un'amica è diverso dal fare l'amica. Ho imparato che quando "dai" a un amico, non te ne accorgi neanche. 
Ho pensato che l'amicizia è un miracolo, ho pensato a quanto l'amicizia è rara. 
Rara più dell'amore. O forse questa amicizia è un amore ancora più grande.
Ho pensato che si può essere felici anche in un lunedì di pioggia pieno di brutte notizie.
Ho pensato che si può essere amici.

mercoledì 11 settembre 2013

2 di picche

Chi non ha preso due di picche da piccolo, chi non è stato mostro almeno durante le medie, chi non si è mai reso conto di non poter piacere a tutti, è pericoloso. Per se stesso, ma anche per gli altri.
Perché reagire male a un rifiuto è farsi violenza, ma anche fare violenza, non rispettando la libera decisione di qualcun altro. Perché imporsi a qualcuno è, prima di tutto, una mancanza di rispetto.
Solitamente nelle faccende d'amore le impeditone olimpiche siamo noi fanciulle ma per quanto riguarda la metabolizzazione del "no" è l'uomo che ha ancora molto da imparare. Ed è per questo che tante "carine" vengono tramutate in "troie" da una risposta negativa, anche se  a rigor di logica, dovrebbero essere definite con un termine opposto, non credete?
Per carità, non dev'essere facile affrontare il ritorno nel branco, al Tommasi, al Radetzky, Pandenus e Co. e rispondere al "Com'è andata?" degli amici incravattati riuscendo a celare l'offesa e magari addirittura constatare che lo sfigato col gessato largo che al tuo Bardelli non assomiglia lontanamente, da ormai un mese arriva a braccetto di quella bionda col doppiocognome.
Impossibile non lasciarsi scappare almeno uno "SGRUNT" da fumetto.
Nel frattempo, da un angolino col suo Negroni in mano, ti sta guardando lei, mai vista all'aperitivo ma già incontrata da qualche parte, anche se non sai dove. Bella, e condita dei tuoi difetti preferiti. Stai ancora decidendo qual'è la sua parte migliore che una gomitata e una voce familiare ti hanno avvicinato a lei: "Sono la Ludo, seconda E, eravamo alle medie insieme, e pensare che ero innamorata persa di te e mi avevi duepiccato alla grande".
"Cazzo se ha funzionato l'apparecchio per i denti."





martedì 3 settembre 2013

Io penso (pro)positivo

Eddai, lo sanno tutti che Capodanno è un'invenzione dei villaggi turistici e dei comuni di montagna per poter alzare i prezzi per una settimana. L'anno comincia a settembre, insieme alle scuole, al lavoro e alla trasmissione di XFactor.
Ed è proprio a settembre che, sospinti e cullati dal ricordo di vacanze non troppo lontane, cediamo alla formulazione di valanghe di buoni propositi, tutti rigorosamente irrealizzabili.

Il primo, condiviso dall'umanità tutta, è quello di occuparsi dei propri impegni volta per volta, limitando gli accumuli di lavoro arretrato e "la corsa del giorno prima", della quale sono campionessa olimpica. Progetto destinato a sgretolarsi davanti alla riapertura del Tommasi e alla prima settimana della moda.

Chi come me me ha cercato, senza risultati, di auto-convincere il proprio corpo del fatto che "in estate si ha meno fame" e, preso atto della propria sconfitta, si è abbandonato ad amori estivi prettamente enogastronomici (ancora sospiro quando penso alle seadas) si riprometterà di tornare a frequentare la palestra, il parco del cucco da corsa, di improvvisare una camomilloreica di otto ore (quelle trascorse prima di incontrare un muffin). "L'estate prossima non dovrò tagliare le foto ad altezza diaframma per non far vedere il rotolo, promesso".

"Già che faccio il cambio di stagione mi libero della roba inutile". Primo, lo sanno tutti che il cambio di stagione esiste solo negli armadi delle donne e negli armadi degli uomini gestiti da donne, da ciò si deduce che questa frase è di stampo tipicamente femminile. Colei che l'ha pronunciata, te e me comprese, non butterà assolutamente niente perché "magari quest'anno la spallina imbottita di pelle e il reggiseno a cono tornano". La fanciulla in questione ruberà piano piano in modo quasi impercettibile lo spazio adibito a qualcos'altro o a qualcun altro per riporvi le scarpe in eccesso.

"Mi devo defigadelegnizzare". Vale anche per gli uomini: fatevela una risata, regalatecelo un sorriso. Non siete James Dean e, fatevelo dire, col broncio sembra che stiate sopportando una colica, non il tedioso destino di essere bellissimi.


Buon Anno
C.


mercoledì 28 agosto 2013

Un Forte impatto



Stazione Forte dei Marmi-Seravezza-Querceta

Arrivata a Forte dei Marmi mi basta un secondo per guardare chi scende con me sulla banchina e rendermi conto che i miei pregiudizi su questo posto non sono riuscita a lasciarli sul treno. Il viaggio in decappottabile fino all'albergo non aiuta a farmi sentire a mio agio, ma recuperata una bicicletta comincio a nutrire il sospetto che la mecca della mondanità estiva milanese possa piacermi più di quello che mi aspettavo. È tutto vicino, tutto comodo e in pochi minuti raggiungo"i bagni". Apprezzo subito la comodità del lettino sul quale riuscirò finalmente a stare distesa a pancia in giù il tempo necessario a far diventare le mie chiappe dello stesso colore della pancia. Ahimè è però immediato il confronto tra il mare versiliese e quello sardo, dal quale provengo direttamente (da Facebook le mie vacanze paiono quelle di una ricca veramente) e, alla vista dei prezzi di ombrellone e cibo, si attesta nei gestori delle spiagge una certa dose di immoralità, almeno per quanto percepito dalla sottoscritta.
Dopo una rituale passeggiatona sul bagnasciuga e un tour in bici tra ville e parco e ville nel parco, il tutto ad antenne ben spiegate, mi rendo conto che qui pare che le dodicenni abbiano trent'anni, che le over quaranta ne abbiano venticinque e che gli uomini, russi esclusi, Sapore di sale lo abbiano visto tutti più di una volta.
In occasione dell'aperitivo vengo indirizzata all'Alma Rosa, dove sono, con mio grande rammarico, costretta ad ammettere anche davanti a me stessa che la componente tamarra riscontrata tra i villeggianti è decisamente al di sotto delle mie aspettative. E che molti dei ragazzi con i quali condivido la divisa camicia-bermuda-mocassino non sono niente male. Peccato solo che siano "più interessati alle ragazze vestite da femmina", come mi viene ricordato dalla nonna dall'infausto giorno in cui rifiutai i colletti tondi e i pantaloni Chipie pastello della Pupi Solari. Maledetta me, ora ucciderei per un cardigan di quella vetrina.
La mia serata prevede un paio di pantaloni bianchi, schiena lasciata nuda e una fiorentina in un ristorante fuori Forte fintamente rustico che mi delude un po'. Non mi deludono per niente le nuove conoscenze: rido tanto e mi ricordo un po' "fabiovolescamente" che quella che conta è la compagnia. Non ho neanche il tempo di diventare troppo ripugnantemente filosofica che vengo catapultata in Capannina con tanto di Smaila, figlio di Smaila e piano bar di tonicità notevole. Un battesimo che poteva rivelarsi traumatico, forse persino controproducente ma che mi convince definitivamente ad ammettere che questo posto mi piace e che qui mi sto divertendo, veramente. E, soprattutto, che gli snob non sono quelli che vanno in vacanza "al Forte", bensì quelli che Forte dei Marmi la schifano senza esserci mai stati, come me.

venerdì 23 agosto 2013

Mal di Sardegna

Eccoci qua. La mia piccola Polo caricata in stile profughi torna verso Olbia, guidata da mammina. Io, seduta dietro, dopo aver sbavato per un'oretta di sonno sulla valigia accanto a me, sento che è un buon momento per scrivere di questa avventura. Nel frattempo mio fratello cerca, per l'ennesima volta di convertirci alla sua musica techno con la complicità dell'autoradio. Faccio la sorella figa che apprezza ma quando non mi sente canticchio Anna Oxa.
Vacanza strana, quella appena trascorsa. Una vacanza, condivisa con altre famiglie, con le quali confonti, inevitabilmente, la tua. In fondo la tua famiglia senza un papà la senti come amputata, anche se hai vent'anni. E anche dopo due anni hai lo sfrontato coraggio di immaginare come sarebbe ogni momento se non fosse successo nulla.
Lo fai continuamente e quando stai per scambiare il sano ricordo di una persona speciale con una qualche forma di autocommiserazione, incroci due occhi così profondi da metterti in soggezione: quelli di chi ha capito come stai senza che tu facessi o dicessi nulla. Quelli di chi deve solo sfiorarti con lo sguardo per farti comprendere perché è valsa la pena andare avanti fino ad ora e non mollare davanti a un destino che non ci ha voluto bene.
Le persone così hanno avuto e forse hanno ancora più problemi di te e li affrontano alcuni nel modo migliore, alcuni piuttosto maldestramente. Il loro valore sta nella consapevolezza dell'esistenza e della realtà dei problemi e nella loro sensibilità nell'individuare quelli degli altri, che per le persone ordinarie non superano il "poverino" pronunciato alla notizia di una disgrazia.
Grazie a uomini e donne di questa fattura la mia permanenza qui è stata così ristoratrice. Per il corpo, anche grazie all'ingerimento di ogni pietanza e bevanda caratteristica su consiglio di un sardo DOC e del mio infallibile istinto di golosa. Per la mente, avendo avuto tempo per riflettere e ancora di più per comunicare con chi le mie idee voleva sentirle da tempo.
A Pula, per la prima volta nella mia vita, non lascio una cotta estiva, le conchiglie che non posso mettere in valigia o la poca voglia di studiare, tra Is Molas e Chia lascio un pezzettino della vecchia Carlotta, quella che si dichiarava troppo impegnata per prendere delle decisioni. E rimandava agli altri la responsabilità di ogni sua (mancata) azione.

Questo soggiorno sardo l'ho trascorso, contro ogni previsione, per la maggior parte in barca: prima con amici che hanno attraccato nella baia di Nora e che ci hanno ospitato per un aperitivo con vista della processione della Madonna a Ferragosto, (un'esperienza che auguro a tutti, l'atmosfera era talmente magica da far apprezzare alla cinica sottoscritta anche i fuochi artificiali) e per un'uscita a cala Zafferano, dove l'acqua ha un colore irreale. In seguito sono stata gentilissimamente ospitata a Villasimius dove, oltre ad avere avuto la fortuna di potermi risvegliare con un mattutino bagno solitario a Punta Molentis (altro posto con acqua degna di una piscina da Leading Hotel) ho scoperto che i moli sono un po' come dei condomini, che non vedrete mai tanto podisti come in un porto ("Poi faccio rada e non corro per tre giorni, accidenti"), che i velisti menosi fanno gli snob davanti alle barche a motore. Il tutto condito dalla presenza di Carlo, il capitano della barca, rinominato Carlo Minchia, soprannome di cui lui è molto fiero, per le sue perle degne di Franco Minchia (se non lo conoscete cercatelo su Facebook) come "l'aipedde" per iPad e "le fimmine serie come a tté non divertono" , che mi ha soprannominata "Bonsai" in onore delle mie dimensioni.
Credo di non aver mai riso come a prua di quella barca assistendo ai racconti del mio amico Ale sulle sue avventure pseudo-sentimentali e i commenti di Paolo, l'armatore della barca, su ogni particolare della narrazione. A bordo infine c'era Mila, una delle poche ragazze con le quali mi è bastato un sorriso per capire che eravamo sulla stessa lunghezza d'onda.
La vera vacanza è poter parlare di tutto. La vera vacanza è azzerare gli sforzi per correggere quello che sei.
Più che il mal di terra ho il mal di questa terra, il mal di Sardegna me lo porto fino a Milano.

domenica 11 agosto 2013

Ma come ti svesti?

Bagnasciuga teatro di spettacoli orribili, per lo più derivanti da scelte sbagliate. È incredibile come gli esseri umani riescano ad imbruttirsi solamente con pochi centimetri di stoffa, solitamente di fantasie standard, codificate. E stare bene in costume non sempre fa rima con magrezza, anzi. Donne formose levatevi il pareo con cui avete appena soffocato il vostro lato migliore per andare a prendervi una granita, inibite dalle Belen dello stabilimento. Lasciate la stoffa a chi come me è senza tette e compensa, come direbbe Enzo Miccio, "giocando con le ampiezze" annodandolo su una spalla. Agli uomini sfuggono persino alcuni fuorigioco, volete che si accorgano della vostra appena accennata ritenzione idrica?
Sentirsi fighi in spiaggia è un diritto inviolabile dell'uomo, e della donna, che la spiaggia l'ha per mesi bramata dall'ufficio.
E poi c'è anche chi ci crede troppo. I tipi da slippino, per esempio. Dovrebbe esserci un articolo della Costituzione a vietare di indossarlo nei luoghi pubblici e il commercio dei costumi a mutanda dovrebbe esistere solo di contrabbando. Così come non riuscirò mai a comprendere come un uomo possa prendere la malsana decisione di depilarsi, se non per esigenze meramente sportive.
E, cari miei, si deduce da una superficiale analisi del vostro fisico che voi non siete propriamente degli atleti.
Cosa ve ne frega di avere l'inguine abbronzato e depilato, a voi? La risposta sarà scritta in quei mensili per maschi che dal dentista non ho mai avuto il coraggio di aprire, credo. O forse lo svelano in qualche reality, o è nella sigla di Uomini e Donne. Cercherò di vivere serena e di dormire senza saperlo. Comunque se vendere l'anima al diavolo servisse a non dover fronteggiare la ricrescita del pelo, credo gliel'avrei già concessa, la mia.
Ma la cosa più bella della gente al mare è l'impegno che ci mette a riemergere dall'acqua e tornare all'asciugamano in modo cinematograficamente convincente. Anche i coniugi Gervasoni per un attimo si sentono Bo Derek e Daniel Craig e la figlia addirittura scrolla i capelli in stile Anderson ai tempi di Baywatch. Ruoli scelti, studiati e riprodotti nel dettaglio. Anche voi lo fate, ci pensate: non negatelo. Io, quando riemergo, voglio essere Ursula Andress in Dr No.

venerdì 9 agosto 2013

10 buoni motivi per "mollare tutto e aprire un baracchino sulla spiaggia"

Fin da piccola, ogni anno, appena posato il primo piede sulla spiaggia (di Lacona o Marina di Campo, rigorosamente all'Isola d'Elba) mio padre non poteva resistere al desiderio di chiedermi se mi sarebbe piaciuto avere un papà che faceva il bagnino. Era il nostro rito, quella domanda stupida che mi lasciava spaesata, senza risposta, sanciva l'inizio della nostra estate, della stagione più bella dell'anno. Finivo sempre per rispondere che il mio papà mi andava bene così, anche se faceva un lavoro che non riuscivo a capire benissimo in cosa consistesse e che si svolgeva per la maggior parte in Porta Venezia, a Milano.
Crescendo, la bambina da cemento che era in me ha lasciato spazio, senza troppe resistenze, all'inflazionato desiderio di "scappare e aprire un baracchino sulla spiaggia" , spinta da molteplici motivi, riassumibili nei seguenti 10 punti.

1) Hai il mare e puoi farci il bagno quando vuoi.

2) Vedi tutto il giorno gente in costume (che, come mi sta ricordando la eufemisticamente formosa signora appena passatami davanti, può diventare un buon motivo per NON aprire un baracchino sulla spiaggia).

3) Hai a portata di mano gelati e coca-cola tutto il giorno.

4) Hai a che fare con gente che per qualche ora, almeno dal lettino, non sente il bisogno di mostrare al mondo come sta reggendo le sorti dell'universo ma la competizione la sente solo per quanto riguarda l'addominale o il beach volley. Tradotto: interagisci con persone rilassate con un conseguente e pressoché inevitabile tuo rilassamento.

5) Puoi leggere riviste e libri di basso livello senza sentirti giudicato da chi ti circonda.

6) lo Iodio fa benisssssimo.

7) Andare in giro a piedi nudi non è solo accettabile ma obbligatorio.

8) Ogni settimana, sulla spiaggia, ci sono nuove conoscenze da fare, nuovi amori platonici da intavolare senza neanche rivolgere la parola al diretto interessato, nuovi sederi brasiliani da invidiare, nuovi amici con cui percorrere tutto il bagnasciuga con aria fiera, fino alla fine, raccontandosi i segreti di una vita mai condivisa prima.

9) Sulla spiaggia, spesso e volentieri, "Non ricevo le mail".

10) Senza alcuno sforzo ulteriore a quelli richiesti per tuffarsi o girare una pagina di Novella, il mare ci fa pure più belli. Abbronzati si è inequivocabilmente più fighi, fascinosi e il capello un po' insabbiato-salato fa molto selvaggio surfista anche a Pula, garantisco.


Buona Spiaggia


martedì 6 agosto 2013

Stessa spiaggia stesse pare

Eccoci qua dopo mesi frenetici, un bel po' di tempo sui libri e una mezza crisi esistenziale, pronta, forse, per una vacanza. E per tornare a scrivere, scrivere, scrivere.
Domani si salpa per la Sardegna, lato Pula, costa spoglia di quella mondanità mainstream dei posti il cui nome comincia con "Porto". Mentre metto in valigia mise studiate sul modello di un incrocio tra il look da mare di Elle Mcpherson e quello di Charlotte Casiraghi che chissà quale effetto avranno sul mio corpo, ma di certo mi daranno un tono, faccio già il programma di tutte le prelibatezze che dovrò assolutamente assaggiare in terra Sarda, prima tra tutte le papassine, che sanno di marzapane e di infanzia. Ah e sono due settimane che tento una dieta per potermi concedere a cuor sereno un porceddu di quelli veri.
Sono pronta a instagrammare colazioni e piedi con sfondo mare e a taggarmi in giro per le spiagge. Ma soprattutto sono pronta a riprendermi le mie responsabilità di figlia e di amica trascurate in nome dell'isteria da esami. Troppo facile (e un po' paraculo) allenare educazione ed altruismo sulla sabbia bianca? Ma è proprio quando cala la tensione che viene a galla la nostra vera indole e che siamo pronti a riflettere, a nostro rischio e pericolo...

domenica 9 giugno 2013

Quelle 7 bugie che il mondo fa dire alle donne (e non solo)



"No ma è che sono così di costituzione"

"Ho messo su la prima cosa che ho trovato"

"Non so chi sia"

"Non è che non ti vuole, è che il tuo successo lo spaventa"

"Odio quando mi fanno le foto"

"No ma meglio averle piccole che così col tempo non cascano"

"Ti sta benissimo"







domenica 19 maggio 2013

L'uomo in camicia

Ebbene sì, è ufficialmente arrivato il momento di dare a Mr. Camicia il suo spazio tra i futili post di questo blog che dal nome pare un sito di ricette. "Non volio che voi muorite" quindi mi guardo bene dal raccontarvi come cucino e vi narro invece della mia cotta universitaria, che è meglio. Forse. Cotta che magari scoprirà chi sono e allora sì che muoro io.
Mr. Camicia si chiama così perché, durante il primo semestre, non ha mai indossato una t-shirt, provocando in mia madre un senso di solidarietà nei confronti della sua, o di chi per lei fosse costretta tutto il giorno a stirare.
Solo una volta Mr. Camicia ha indossato una felpa sintetica su una t-shirt ed è stato quando ad aziendale si è seduto esattamente dietro di me, ad alitarmi sul collo, e da ciò ho dedotto che non mi ama.
Tornata a casa da un ordinario giorno di università, Facebook è riuscito a piazzarmi la sua faccia tra i suggerimenti degli amici e a farmi capire come si chiama: è la rovina.
Il suddetto non è figo, ma in me nasce un interesse sufficiente ad innescare la prima e ultima opera di stalking della mia vita: controllo gli amici che abbiamo in comune e tac, 6 persone che non c'entrano minimamente l'una con l'altra. Prontamente decido di rinunciare alla mia carriera di maniaca e di farmi passare l'interesse per uno che con grande probabilità è più interessato alle bionde infighettate che, in pianta fissa tra il Magenta e Brera, non ci stanno vestite come delle pazze e non dicono e non pensano quello che dice e pensa la sottoscritta.
Durante le vacanze di Natale non ci penso e al mio ritorno, riesco a trovare una scusa idiota per parlargli ed autoconvincermi, durante le sue pause tra una parola e l'altra, che sia un altro irrecuperabile babbo di quelli che estorcono limoni alle tue amiche con lo stesso gusto con cui giocano a PES il giorno dopo romanzando l'accaduto della sera precedente.
Sono felice e soddisfatta di aver eliminato una possibile delusione dal mio futuro ed invece eccolo lì, che rispunta, sulla mia home page, e ora è pure figo. Ricomincio a considerare l'idea di darmi una possibilità modellandomi su quelli che, da una mia deduzione, sarebbero i suoi canoni di bellezza.
Sono quasi convinta a sacrificare il completo di due tessuti scozzesi diversi che ho accuratamente predisposto per il giorno dopo ma poi un barlume di lucidità mi coglie e mi ricorda quanto, in fondo, mi piaccia essere quella diversa, vestita strana, che balla scatenata con l'amico gay e aspetta sorridendo le amiche che hanno cuccato per poi farsi raccontare le loro avventure.
Un giorno arriverà uno che apprezzerà il mio vestirmi a tema anche senza una festa, il mio avere un'opinione non solo sulle borse di Prada, il mio ordinare sempre il dessert. E sarà uno con una
camicia molto particolare.

venerdì 17 maggio 2013

senti come viene giù

16 maggio 2013
Odio gli ombrelli, o almeno mi convinco di odiarli pur di trovare una scusa per sfoggiare mille strani variopinti copricapi. Anche oggi è mercoledì, anche oggi piove e scelgo un reperto verde scuro trovato in fondo ad un armadio, che schiverà con me le punte degli ombrelli che, per chi è alto un metro e ottanta, sono per lo più ad altezza occhio.
Un po' zuppa salgo su un tram e, appena seduta, rifletto su quanto la pioggia non mi faccia poi così schifo, a parte che per il fatto che mi preclude l'uso delle mie scarpe di raso e i miei viaggi in bicicletta, e di pedalare con indosso calzature di raso.
Quello che non sopporto è vedere come le persone diventano quando piove. Dire che si è meteoropatici fa molto figo ma, ragazzi miei incravattati, non vi siete ancora accorti di come odiare la pioggia sia diventato così terribilmente mainstream? E poi i vostri mocassini li notano anche DENTRO al Radetzky, dai.
Non disperate: resistete alla tentazione di vestirvi solo di grigio e nero, osate con i colori e ostentate sorrisi di risposta a quei bei visini che, mentre camminate, vi spuntano davanti rivelandosi da dietro un ombrello.
Vi è concesso di schifare, digrignando i vostri invidiosi denti, quelli che si baciano sotto la pioggia credendo di essere nel finale di Colazione da Tiffany (e di avere George Peppard o Audrey Hepburn tra le braccia, beati loro) e assolutamente diffidate di quelle con l'ombrello con le ruches.
E quando, tra uno scroscio e l'altro, il sole si fa spazio tra le nuvole e tra via Borromei  e via Circo fa un caldo cambogiano, apprezzate la scollatura di quella che non aveva previsto di poter rimanere in canotta nel corso della giornata, e il bicipite sotto la camicia un po' incollata di quello che sta entrando da De Santis sudaticcio come Rambo.
Ma non vi illudete, un tuono non troppo in lontananza vi riporta subito alla realtà ricordandovi che l'estate non ha nessuna intenzione di arrivare. E piove, ancora.


lunedì 13 maggio 2013

tutto il contrario

Tra uno scroscio di pioggia e l'altro ho giusto il tempo di scegliere con cura il momento più stupido per lavarmi i capelli, ma anche di accorgermi di tante cose alle quali non avevo mai fatto caso, alcune delle quali vorrei condividere con voi.
Forse non sapete che oltre alla maglietta "Stasera faccio la brava" esiste anche la versione al maschile (e chi ha il coraggio di indossarla), e che anche gli uomini si specchiano nelle vetrine. Forse nessuno vi ha mai detto che coloro che dicono di odiare i bambini sono quelli che tutte le sere vanno a letto desiderandone uno, e che alcuni modelli Hogan ve li comprereste anche voi che definite Della Valle il Satana della moda giovane.
Magari la mamma, o chi per lei, si è dimenticata di dirvi che ci si può tagliare anche tenendo il coltello dalla parte del manico, che non è la razionalità la parte migliore di noi e che le fighe con le gambe da fenicottero che vi sovrastano, il più delle volte hanno il piede più lungo di quello che gli apre la portiera e gli offre il vinello il giovedì al Tasca.
Mi sa che sapete già che chi dice di odiare i social network ci passa ogni minuto della giornata e ne riesce a carpire anche cazzi vostri che vi guardate bene dal pubblicare, che nessuno esce davvero "da una storia importante" quando dice "esco da una storia importante", che chi ti chiede che lavoro fai non aspetta altro che vantarsi della propria occupazione, che chi "sta bene da solo" ha istinti omicidi verso qualsiasi coppietta decida di condividere un bacio entro la sua visuale. Chi "vive in studio" probabilmente non è abbastanza simpatico da guadagnarsi un invito a pranzo dei suoi colleghi e, nonostante i suoi gloriosi racconti, non regge le sorti di cause milionarie ma, ogni tanto, fa qualche fotocopia.
Meglio sapere subito che la prima impressione conta e che quelli che i vostri amici vi vogliono appioppare con appuntamenti al buio e che vengono descritti come "simpatici", "in gamba", "con dei bellissimi occhi" si riveleranno di una bruttezza incomparabile.
Io vi ho avvisati, vi prego voi avvisate me.

P.S. Donna, se fai la piega viene a piovere, sicuro. Imparruccati responsabilmente.

domenica 28 aprile 2013

10 motivi perché il mio principe azzurro si lasci disarcionare e calpestare dal suo bianco destriero

1) Spremo il dentifricio dal centro del tubetto, sempre e comunque e, quando ne rimane pochissimo, striscio istericamente il suddetto tubetto su e giù per il bordo del lavandino tenendolo per le estremità, cercando di ricavarne qualche goccia, almeno da correggere l'alito mattiniero;

2) D'inverno me ne fotto della pedicure, inibita, confesso, dal pensiero delle conseguenze del precoce matrimonio tra unghia smaltata e calzino;

3) Parlo e piango (anche contemporaneamente) davanti a qualsiasi film e documentario, con una predilezione per Ozpetek e Muccino ma anche con High School Musical mi cala la lacrima, e dico "Si baaaaciano" quando finalmente i due protagonisti decidono di coronare la loro storia d'ammmore con una sana slinguazzata;

4) Mi dimentico di date, anniversari e compleanni con una disinvoltura che manco il peggio cinquantenne annoiato della sua vita di marito in un libro della Dunne;

5) Nel vestirmi ho una particolare predilezione per il variopinto, di cui vado fiera e nella scelta dei miei look spesso ostento il senso della misura di Kim Kardashian gravida e nuoto a stile libero a largo della modestia;

6) Soprattutto quando vorrei (e quando dovrei) farlo, non sono capace di fingere alcun sentimento, non so camuffare la noia, sono completamente incapace di non aggrottare la fronte davanti alle manifestazioni dell'idiozia umana, sono, insomma, una "diplomatica mancata", una "diplomantica";

7) Mi scappano parolacce, uso espressioni come "che sbatti", "si è fatta una certa", "hai rotto" ma, ci tengo a farlo notare, ho una certa padronanza del congiuntivo;

8) Non ho ancora fatto mia, alla veneranda età di vent'anni, l'abilità di mangiare col rossetto senza trasformare il tovagliolo nel set di un film splatter;

9) Sono spudoratamente (e sinceramente) invidiosa delle fighe, anche di quelle che non fanno loro lo stesso cuore che sto bramando io;

10) Non ho intenzione di cambiare una virgola dei 9 punti precedenti.


domenica 21 aprile 2013

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E fissando il soffitto una insonne notte di aprile ti rendi conto del fatto che la vita non è un film francese indipendente: non si incontra la propria anima gemella alle presentazioni dei libri.
La vita non è neanche un provocatorio serial americano: quello in coda davanti a voi al supermercato non è un umile imprenditore milionario anche un po' cardiochirurgo di medici senza frontiere che muore dalla voglia di di saltarvi addosso. Nessuno al primo appuntamento vi sposta una ciocca di capelli dietro all'orecchio mentre decanta al contrario e su un piede solo i settantordici motivi per cui l'asimmetria del vostro naso è così sexy per lui.
La vita non è una favola e guarda un po' esiste anche la possibilità che vi ritroviate a trascorrerne la parte più significativa (in senso qualitativo o meramente quantitativo che sia) da soli.
Ebbene sì, non è mica obbligatorio trovare, riconoscere ed accogliere bendisposti le avances, i baci, le mani di qualcun altro su di noi.
E non tutti abbiamo ereditato il gene del compromesso, c'è chi ha gli occhi blu e chi per il bene di qualcun altro non riesce neanche ad alzare una cornetta: inutile perdita di tempo, energie e sentimenti tentare di cambiarlo, ricordate che anche le lenti a contatto marroni dopo un po' bruciano e invocano il collirio.
La mia vi sembra una visione pessimistica, triste, forse anche crudelmente cinica? Secondo me esiste una prospettiva peggiore a quella di stare da soli per tanto tempo ed è quella di decidere di stare con qualcuno semplicemente perché incapaci di gestire la propria solitudine.
Sia chiaro, la prima che la speranza romantica disneyana se la porta sottobraccio pure all'Esselunga insieme ai sacchetti rigidi riutilizzabili è la sottoscritta, sognando però di assomigliare a Mulan piuttosto che a una che se la ronfa aspettando che un maschio le salvi la vita con un bacio.
Prima di decidere di offrire a qualcuno tutto di te, compresi ingombranti difetti e manie, senza avere l'immediato impulso di cambiare e snaturarti per ricevere un sì sibilato da una bella dentatura, devi imparare a piacerti, tu. No, piacerti non basta: devi amare quel tuo dito storto, quella parolaccia che ti scappa forse troppo facilmente, il tono della tua voce quando sei incazzato e anche il modo in cui sembri ridicolo quando cerchi di dire una cosa carina. Venera il tuo non saper accettare i complimenti senza metterti ulteriormente in imbarazzo da solo, le tue ginocchia storte da sempre, la tua passione per la tua mamma, il tuo non digerire bene la verdura e il tuo concederti di mangiare i biscotti al cioccolato tra le lenzuola nei momenti di sconforto.

Ti piaci?
Bene, ora condividiti.

venerdì 19 aprile 2013

ma come ti vesti?

E' nota a tutti la difficoltà di conciliare vanità femminile ed equilibrio psicologico nella scelta di un outfit, anche quelle che dichiarano di essere immuni alle tentazioni della moda (credibili come le sostenitrici della teoria secondo la quale il tacco quindici è praticamente un massaggio thailandese ai piedi) dedicano manciate di minuti ed energie alla selezione di ciò che indosseranno.
Superata finalmente la fase in cui un arricciamento di labbra di mia madre era capace di farmi rituffare nell'armadio e cambiare completamente, ho imparato che vestirmi come mi pare non è solo un mio diritto ma anche un sanissimo atto liberatorio. Le strade italiane sono percorse tutti i giorni da migliaia di critici di moda con il tatto di Enzo Miccio e il diritto di giudicare di Carla Gozzi che sembrano non aspettare altro che una bella occasione per sparare una sentenza sulle scelte di abbigliamento dei passanti. Volete veramente rinunciare a essere passati ai raggi X da qualcuno di loro e ricambiare le cattiverie con un sorrisone colmo di grazia?
Ribadendo il sacro dovere di ogni essere umano di sparare un commento acido su chi da cassetti e ante ha dimenticato di estrarre il decoro, principio fondamentale del vestire, non posso che schifare l'orrenda e tipicamente italica abitudine di non rispettare le scelte degli altri.
Usanza difficile da estirpare ma veramente troppo fastidiosa per non essere combattuta, in primis dalla sottoscritta, che, fino a qualche passeggiata fa, era la prima a sputare sentenze.
Decido di professare questa mia nuova filosofia del "mi vesto come mi pare quanto lo puoi fare tu" non solo nella vita di tutti i giorni, regalando risatine ai miei compagni di università, ma anche a un evento mondano. Nel recarmi nel luogo del cocktail per la prima volta non percepisco minimamente il desiderio di essere uguale agli altri e cammino anche un po' più dritta del solito perché quello che vedo riflesso nelle vetrine mi piace proprio. Puro e sano, se non eccessivo, feticismo dell'ego. Il tutto coronato da un'entrata sorridente, la conquista di uno sguardo (magari schifato, ma chissenefrega conta lo stesso) di Inès de la Fressange e da un fotografo che mi si avvicina chiedendomi "Scusa, posso farti una foto?"
Incredulità al cubo : "A me??!"
Ho dei testimoni, Ferragni spostati.

martedì 2 aprile 2013

fotoigienici

In un'era dove le persone sono schiave dell'immagine e tutti ambiscono a modelli estetici inverosimili parliamo di un argomento originale: la fotogenia.
Sia benedetto il Mac che come gli specchi di Zara un po' ci snellisce e un po' ci migliora in Photo Booth tramutando gli scatti narcisistici dei nostri momenti di noia in qualcosa di appena pubblicabile su Facebook. Siano lodati i filtri di Instagram che, creando un'ombra strategica appena sotto il nostro zigomo, ci rendono competitive nel confronto con qualche blogger dal make-up griffato e fanno sembrare i quattro salti in padella che abbiamo appena scaraventato nel piatto del nostro servizio buono Ikea, una creazione a quattro mani di Cracco e Barbieri.
Nonostante gli aiuti offerti dagli ultimi ritrovati della tecnologia ci sono delle fotografie alle quali non sei preparata e che riescono a cogliere tutto il brutto del tuo aspetto, tutto insieme, anche quello che, francamente, nello specchio due ore prima non ti sembrava di aver visto. E mentre cerchi di recuperare i cocci della sezione vanitosa della tua autostima facendoti del training autogeno mentre ti stagghi da ogni obbrobrioso ritratto ecco lì lei, miss perfezione, che ti guarda in tutta la sua non ignorabile strafigaggine, sorridendo, da ogni foto. O-g-n-i singola foto. Incuriosita dal fenomeno della fotogenia patologica ho cominciato a guardarmi intorno ed ecco lì, nascosti in mezzo a noi persone comuni, dei portatori fighi di faccia-da-foto. Questa rara specie, in via d'espansione grazie alla diffusione della plastic surgery e di flash sempre più potenti, ha sviluppato un acuto olfatto in grado di carpire un apparecchio dotato di obiettivo e zoom a sessanta metri di distanza. Non appena l'esemplare capisce di trovarsi nell'inquadratura di una foto, che si trovi in primo piano o sul parapendio sospeso a cento metri sopra la testa della Bundchen che posa per GQ, ecco che assume una particolare posizione (ogni soggetto ne predilige una diversa) e, tirando in fuori le labbra e irrigidendo la mascella è pronto per essere immortalato.
E' bene ricordare però che è solo grazie alla pratica portata avanti fin da cuccioli che questi simpatici esseri viventi sono capaci di risultare così esteticamente gradevoli in foto.
Voi siete disposti a rischiare una solitaria paresi facciale davanti allo specchio o preferite sperare, romanticamente sospiranti, in una foto futura in cui verrete stupendamente un po' come si spera nella venuta del principe azzurro e della Nutella a calorie zero?



lunedì 25 febbraio 2013

To(d's)tta

Con il primo, non troppo glamour, sbadiglio di sabato 23 febbraio comincia ufficialmente la mia giornata da blogger. Gli esami sono finiti, ho fissato per oggi la mia piega semestrale dal parrucchiere e alle 18 Tod's mi ha invitata alla inaugurazione della sua mostra Timeless Icon dedicata a Lady D.
Cosa ci vuole a fare la (un-po')fashion-blogger? Nel primo pomeriggio esco di casa ricoperta di strati griffati e con in borsa un ombrello per proteggere il capello appena fatto in caso di non troppo impreviste precipitazioni. Due chiacchiere e un paio di sforbiciate in compagnia del mio psicoanalista-parrucchiere e super piega direttamente dalle manine che avevano appena pettinato Maria Grazia Cucinotta. Torno a casa fortunatamente senza incappare in pioggia o neve e mentre mi preparo un the do un'occhiata all'orologio: accidenti è già ora di prepararsi. Da brava maniaca dell'ordine avevo predisposto da dodici giorni i capi che avrei indossato ma al momento della prova quello che vedo nello specchio non mi piace, per niente. Improvvisamente vengo presa dall'agitazione tipica di chi come me è vanitoso e non sa arrivare in ritardo. Mi catapulto in camera mia, spalanco l'armadio e, con la dimestichezza di una concorrente di Shopping Night, mi lancio nella ricerca di un vestito degno dell'occasione. Dopo una buona mezz'ora di inutili prove e una completa detonazione di due camere e un bagno, ecco l'illuminazione: l'armadio di mammina. Ringrazio il cielo di non avere una mamma amish o con il gusto di Simona Ventura. Trovo praticamente subito quello che mi serve e con camicia, cappotto e borsa trafugate sono finalmente pronta. Cerco di fare un minimo di ordine in camera mia ma mi vedo costretta a lasciare sulla porta un post-it che dice "domani riordino, sono in ritardissimo". Quando apro la porta scopro che ha cominciato a piovere con una certa intensità e che devo quindi rinunciare a una delle mie passeggiate fino alla metropolitana a favore di una corsa in taxi. In poco tempo arrivo al PAC in Via Palestro 16 e, dopo aver pronunciato il mio nome un paio di volte e aver consegnato il mio davvero poco fashion ombrello col manico a forma di papera a una hostess, implorandola di nasconderlo, eccomi in un altro mondo.
Un universo parallelo dove gli uomini se la tirano più delle loro fidanzate e le donne, compresa la sottoscritta, non vogliono catturare gli sguardi dei maschi etero ma bramano quelli delle altre fanciulle presenti e dei gay. Recuperato un bicchiere di champagne e individuate le facce amiche diventa istantaneamente più facile mantenere l'equilibrio sui tacchi e gongolo senza il minimo ritegno davanti ai complimenti che mi vengono fatti per quello che scrivo. Qualcuno si azzarda addirittura a dirmi che sono in splendida forma, stampandomi in faccia un irritante sorriso compiaciuto.
Dopo aver fatto un rituale giro per i tre spazi adibiti all'esposizione delle foto della principessa Diana, senza peraltro dover minimamente fingere l'interesse per le stupende immagini, vedo che hanno appena fatto il loro ingresso al PAC Patrizia e Maurizio, o meglio Patti e Mauri, cari amici dei miei genitori e anche della sottoscritta. Ho sempre guardato Maurizio con la venerazione con cui una figlia femmina guarda il suo papà e rimango stupita nel vedere come in un ambiente come questo, che per lui corrisponde a quello lavorativo, lui abbia lo stesso atteggiamento con cui affronta le nove buche con me la domenica al golf. In questo ma anche nell'attenzione per le persone con cui viene in contatto e nella pungente ironia assomiglia al mio papà che, istantaneamente, mi manca un po' meno. Sua moglie Patrizia è una delle donne delle quali apprezzo maggiormente la bellezza e quella alla quale invidio di più il gusto nel vestire. Mi sciolgo ogni volta che mi presta o dona un pezzettino del suo armadio. Oggi, come sempre, è affettuosissima: mi riempie di complimenti e riesce a farmi arrossire come mai prima mentre mi presenta a tutte le sue amiche, consigliando a tutte loro la lettura di The Brunette Cake. Mentre parlo di quello che faccio e di quello che studio mi fanno notare che "caspita se ho le idee chiare" e in effetti saranno le bolle o la vista del mondo dall'alto dello stiletto ma ho l'impressione di sapere cosa voglio e, a dirla tutta, mi sembra di stare già facendo un po' quello che voglio, qui. Ad un certo punto, in seguito alla mia richiesta di essere ritratta dalla fotocamera del suo iPhone, colei che mi ha invitata mi lancia davanti ai fotografi, quelli seri. Qualcuno si chiede chi sia questa altissima outsider ma ben presto deduce dalla mia pochissima dimestichezza come modella che si tratta di una povera sfigata wannabe. Olivia Palermo non si sarà presentata ma una diciannovenne non troppo fotogenica ha avuto il suo momento-Ferragni, squisito (e bramato) come il bicchiere di acqua frizzante dopo una fetta di torta al cioccolato.



lunedì 18 febbraio 2013

nuove aperture

Ucci ucci sento odor di San Valentino e anche di Magna Pars e da pura single all'invito a partecipare, il 14 febbraio, all'inaugurazione del Magno hotel in via Forcella (zona Tortona) non posso proprio dire di no.
Superbicchiere di vino per sciogliere la milanesaggine al Tasca e poi via, accompagnata da due ninfe modaiole, verso la lussuosa location.
A questi eventi le donne hanno tutte il boccolo definito e con la loro manicure senza uno sbecco stringono borse che costano più dei sanitari che ho a casa. Ma, nel mio essere una delle quattro presenti senza tacco più plateau degno di Lady Gaga, non mi sembro niente male riflessa nelle pareti a specchio della zona lounge. E poi io dei tacchi non ho così bisogno e alta un metro e novantadue divento discretamente impegnativa, per me stessa.
Osservo come gli uomini per prima cosa si preoccupino di elargire qualche impostatissimo saluto a quelli che all'università gli rubavano quelle le fanciulle più carine, accompagnandolo con un sorriso da squalo bianco che dice "Oh come sono un uomo di successo. Più di te. Pappappero".
Arriva un momento in cui fare la ruota davanti agli amici maschi non basta e, appoggiato il bicchiere di bolle, ecco che scatta la caccia. La scelta di una preda da rintronare, illustrandole le modalità attraverso le quali tutti i giorni reggono le sorti dell'universo, ricade primariamente sulle bionde, vere, presunte o tinte che siano. Studi più approfonditi ci sveleranno se la loro scelta sia dettata unicamente dai noti stereotipi culturali consolidati o da altri altrettanto fondamentali indici di valutazione. O magari la mia visione è semplicemente distorta da una sana, mora invidia.
La ragazza in questione di solito ha un tempo di sopportazione di circa quattro "sto lavorando tantissimo" e due nomi di negozi di scarpe dopodiché torna dalle sue amiche a fare la figa perché quello che sembra Clark Gable (tientelo pure io preferisco George Peppard) al quarto modaiolissimo evento ha finalmente avuto il coraggio di rivolgerle la parola.
Mi rendo conto di essere finita in un mondo parallelo popolato, a quanto sento, unicamente di pr, avvocati e bankers (pare si dica così) spinti all'accoppiamento con modelle, socialites o comunque donne che se hanno preso e non comprato una laurea lo hanno fatto per sbaglio. In alcuni avvincenti casi si può notare già a un primo impatto come i soldi dichiarati a mammina come fondo per il Kings College siano stati invece investiti in un'opera di restauro di lato b e naso della ragazzetta in questione. Dopotutto a questo esercito di maschietti incravattati dubito interesserebbero maggiormente le loro conoscenze riguardo all'economia aziendale. Prego di sbagliarmi e di essere stordita da vino e indie rock.
Individuo qualche raro esemplare di ultraquarantenne vergine della chirurgia plastica, specie, come tutti ormai sanno, in via d'estinzione e alcune fanciulle che addirittura mangiano in pubblico, trattengo una lacrima, tiro un respiro profondo.
Trascorsa un'oretta di origliamento scientifico (aveva ragione il mio papà quando diceva che "prendo anche Capo d'Istria") incrocio un paio di amici e uno strano complimento mi convince del fatto che posso volontariamente porre fine al tempo da sfigata fuoriluogo sempre e per forza.
Cara Ferragni preparati a tremare: ora so tenere in mano il flute mentre cammino, ho ritrovato la mia cintura vintage di Moschino e questa qui dietro mi ha appena fatto i complimenti per i miei stivali.

P.S. Nonostante mi sentissi perfetta tornata a casa sono stata prontamente cazziata da mio fratello per non aver chiesto al suo idolo Pippo Inzaghi di farmi un autografo, maledetta la snobbaggine con cui facciamo finta di non vedere i personaggi famosi, o di essere come loro.


venerdì 15 febbraio 2013

mamma mia!

Ho diciannove anni e non so se quest'aria da signora mi sta male o se alla mia età sembrare più grande si possa considerare ancora una cosa positiva. Agli altri il verdetto, io a nove anni, dopo aver sbirciato tra le pagine di una copia di Elle di mamma, ho deciso di puntare sull'intelligenza e la sovrastima dei miei anni la classifico tra i complimentoni.
L'ambiente del golf non è molto frequentato dai miei coetanei e così mi sono ritrovata a stringere amicizie soprattutto con persone che hanno almeno una decina di anni in più di me.
Tra questi c'è Manu, amica da poco, importante da subito e capace a sua insaputa di farmi partire un pianto a fontana nel momento in cui mi ha confessato di essere in dolce attesa. Non mi sono mai commossa per certe cose o forse certe cose non me le ha mai dette una mia amica, una che frequento senza mia madre, una con cui stappo bottiglie di vino e rido dei miei strani contatti con l'altro sesso.
Chiaramente non mi è partita l'ansia da ticchettio dell'orologio biologico, con un figlio a diciannove anni sarei esclusa solo per un pelo da un format di Mtv, ma questa gravidanza la vivo in un modo completamente nuovo. Sono pronta a fare la zia e, in quanto tale, a fornire il pupo di tutte le cose tamarre che la sua mammina perfetta gli negherà giustamente. Ma non è questo che mi manda in fibrillazione.
Dopo poche ore a stretto contatto con lei in occasione di un weekend a Sestriere mi accorgo che gli occhi di Manu sono proprio come i miei e che nel suo sguardo ogni tanto, anzi spesso, compare quel barlume di incredulità mista a gioia e terrore di non essere all'altezza di un ruolo tanto impegnativo. E' già mamma ma ogni tanto non ci pensa e quando qualcosa o qualcuno glielo ricorda sembra pensare "Accidenti sono davvero incinta". Scopro che, anche nel caso si una gravidanza voluta e cercata come la sua, non si può fare a meno di pensare se non fosse stato meglio aspettare ancora un anno o se magari ce ne sarebbero voluti altri cinque per essere pronti a tutto questo.
Ci sono avvenimenti che sfuggono all'esame della nostra razionalità, che sono troppo grandi per noi piccoli umani e indubbiamente la nascita di una nuova vita è uno di questi. Ma quando la tua pancia sta crescendo hai ben poco tempo di pensarci perché improvvisamente ogni giorno sembra Natale e un esercito di rompicoglioni ti martella di auguri, congratulazioni, improprie carezze addominali, domande alle quali non avevi minimamente pensato prima e appunti su come "sei cambiata". Manu sorride e mi guarda impaurita quando a cena si comincia a entrare nei dettagli del parto di ogni commensale-mamma e con due movimenti di sopracciglio le comunico che il bambino lo tengo io quando vuole andare a ballare al Tabata.


mercoledì 13 febbraio 2013

14-02

10 piccole regole per credere nel San Valentino da single e per smettere di celebrarlo una volta accoppiati.

1) Scegliere una canzone d'amore da dedicarsi ed utilizzare come colonna sonora per tutta la giornata, evitando accuratamente i brani sanremesi da taglio delle vene.

2) Lavarsi i capelli, se la frangia è arrivata a svolgere una funzione di sipario tra i vostri occhi e il mondo approfittarne e fissare il trimestrale appuntamento dal parrucchiere in giornata, se il parrucchiere è pieno cambiare parrucchiere, la piega serve quanto il botox e non fa male. Per gli uomini basta una sistematina a ciuffo e barba o una sexy ripassata alla pelata stile Agassi nei migliori spot anni '90.

3) Optare per un look che ci faccia sentire al massimo, ignorando le regole giorno-sera e abbandonando la sicurezza del nero e del grigio, per una volta.

4) Percorrere almeno 500 metri a piedi tra la gente e sorridere con la delicata confidenza di una star del cinema a tutti coloro che ci degnano di uno sguardo, anche da dietro le nostre lenti oscurate.

5) Comprarsi il proprio dolce preferito.

6) Non pianificare alcun primo appuntamento: non porta sfiga ma ritrovarsi in un ristorante pieno di coppiette è una cosa di una tristezza immane nonché fonte di una certa ansia e irreprimibile stimolo ad origliare le conversazioni dei 5 tavoli vicini.

7) Non fare finta di disprezzare il 14 febbraio ma anzi sventolare ai quattro venti il vostro credo amoroso che manco donna Letizia nei tempi più floridi.

8) Bere qualcosa in compagnia.

9) Ricordarsi che il mondo non è come Sex & the City e che le donne non sono tutte delle pazze paranoiche che si disperano se il loro compagno non firma un biglietto di auguri e gli uomini non sono tutti dei narcisisti fobici della relazione. Rallegrarsene.

10) Guardarsi allo specchio spogliati di vere e false modestie e trovare 14 cose di noi che sono davvero irresistibili e 2 da migliorare.

Auguri

C.

giovedì 17 gennaio 2013

adolescemi

Non ho idea di quale sia l'età precisa che sancisce la fine dell'adolescenza ma ci sono buone probabilità che il termine del turbolento periodo coincida con l'attimo in cui, pensando a qualcosa che hai fatto tra i tredici e i diciotto anni, non riesci più ad associare a quella tua azione motivazione alcuna. Non ti ricordi il fondamentale perché della tua ostinazione nel voler attuare a tutti i costi quella (e poi quella e poi quell'altra) missione suicida per la tua dignità e non sai se questa sensazione di oblio ti piace o ti disorienta ancora di più. Nel mio caso quel momento è stato l'altro ieri.
Non ho il tempo per uscire a festeggiare il mio ingresso nel mondo adulto a suon di chupiti (chi sa cosa vuol dire "ossimoro" colga quello presente nella frase precedente alla parentesi) ma ho un sacco di ore da spendere sui libri causa esami e quindi abbondanti manciate di minuti da occupare in riflessioni inutili come quelle sulla definizione di una cronologia della vita umana.
Dopo i tredici anni scatta qualcosa, diventi più facilmente irritabile, i tuoi genitori improvvisamente diventano bersaglio costante dei tuoi immaturi giudizi e una sola idea ti ossessiona: devi stare con qualcuno. Ogni minima particella di energia di cui disponi viene investita in un timido e goffo, anzi grottesco tentativo di seduzione, nei confronti di chi non ha importanza: tu vuoi piacere a tutti. Ci vorranno più o meno cinque anni prima che tu possa renderti conto del fatto che ciò è impossibile.
Indottrinata da amiche, giornali, boyband e serie tv su trentenni perennemente insoddisfatte ho speso anni a calpestare ripetutamente la mia autostima, avanti e indietro e poi avanti e indietro, il più delle volte indossando scarpe sulla cui estetica si sarebbe potuto discutere, a lungo.
Inutile stare a riflettere sul perché, io il motivo di tutte le cose imbecilli che ho fatto non me lo ricordo e la tentazione di cercare di prevenire azioni scellerate di altre giovani fanciulle consigliandole sul da farsi è tanto grande quanto stupida. Non si possono forzare i meccanismi della vita, modificarli potrebbe rivelarsi estremamente pericoloso e controproducente. Non so quanto sono disposta ad accettarlo ma la verità è che tutti siamo il risultato delle nostre esperienze, comprese le idiozie adolescenziali.
Messaggi sbagliati, comportamenti pedanti, banali ossessioni sfuggite di mano, scelte di abbigliamento volgari e inadatte al nostro fisico, tutto è servito a renderci le persone, si spera adulte, che siamo oggi.
Personalmente la mia crescita si è tradotta in un cenerentolizzamento della sottoscritta: le energie prima impiegate nell'affibbiare ad ogni "primo che passava" l'etichetta di probabile dolce metà sono state decisamente economizzate a favore di una, a mio parere saggia, parsimonia nell'offrire informazioni riguardo ai miei sentimenti. Crescendo impari a conoscerti, conoscendoti sei in grado di stare con te stesso, se sei felice da solo sei più selettivo nelle amicizie come nell'amore e hai il coraggioso desiderio di aspettare, di non buttarti via, di pensare che chi assorbirà le tue energie affettive dovrà essere qualcuno alla tua altezza.
E con tutte le tue forze scacci dallo spazio tra le tempie ogni nome del passato che si insinua mentre ascolti la canzone più bella che conosci: vuoi conservarla per "quella" persona e non farla finire tra i brani maledetti che salti in riproduzione casuale. Per il momento, forse per sempre, questa meravigliosa canzone d'amore la dedichi a te stesso. Saggezza adulta.


lunedì 14 gennaio 2013

ego-xplosion

Ormai la cravatta ho imparato ad annodarla senza riguardare il video su YouTube e in pochi minuti sono pronta per uscire, se l'abito fa anche la monaca la sottoscritta oggi è una via di mezzo tra la Diane Keaton degli anni d'oro e una studentessa uscita da un fumetto manga. Mi attende un pomeriggio intenso fatto, com'è giusto che sia, prima di un dovere: studiare gli indici di redditività ROA ROS e amici, fortunatamente aiutata da una volenterosissima e pazientissima insegnante-cuoca-mamma che è tanto brava col cioccolato quanto con i conti (buona cosa per i miei voti, un po' meno per il mio peso forma), e da un piacere: una puntatina a Villa Necchi Campiglio per la presentazione stampa di Tod's.
Vi risparmio, come mi è stato consigliato di fare anche dalla mia professoressa-pasticcera, la parte sull'analisi di bilancio.
Dopo un paio d'ore di studio produttivo e una corsa in tram raggiungo la location dell'evento e, anche grazie all'aiuto di alcuni gentili signori che intuiscono, forse dall'assurdo look preppy che ho deciso di adottare con tanto di cappello coordinato, la mia destinazione, trovo persino l'entrata giusta al primo colpo. Una gentile biondina mi chiede il mio nome, rispondo e mi viene comunicato che sono nella lista "stampa freelance", mi piace questo vedere formalizzati i miei sogni.
Appena entrata vengo accolta dalla amica che è solita sopravvalutami e che mi invita agli eventi mondani, che mi guida alla scoperta di una collezione, meravigliosamente disposta per i saloni della favolosa villa milanese, i cui pezzi hanno tutti un valore che oscilla tra quello della mia retta universitaria e quello del mio rene destro. Ho solo un secondo per riflettere sulla vanità della moda prima di rendermi conto che se avessi un organo un po' meno indispensabile lo venderei per quella borsa, quella giacca, quella scarpa. Maledetta moda. Maledetta l'utilità del rene.
Un barlume di gioia e di autocelebrazione trova spazio in me nel constatare che l'esposizione comprende anche il gommino in pitone che io possiedo, e che in questo momento si trova nella mia personale scarpiera tra le Puma verde prato e le ballerine blu di Spelta, e mi sento subito un po' più inserita in questo mondo di qualità, gusto ed eleganza.
Nello spostarci verso un bicchiere di bollicine incrociamo un collega della mia guida, al quale vengo presentata come "quella con un blog bellissimo" esagerata coccola per il mio ego che si gonfia istantaneamente in un sorriso, visibile anche a chi mi sta davanti, mi accorgo. Assisto a una contesa tra i due nella quale vengo ironicamente inserita ma la conversazione si conclude prima che il mio cervello possa ridestarsi dal gongolamento conseguente ai giganti complimenti.
Guardandomi intorno vedo qualche faccia nota ma non riesco a darle un nome, avrei bisogno di uno Shazam per le facce, che mica l'iPhone 5 ce l'ha?
Nel giardino, dentro a un cubo di vetro due artigiani ciabattini fabbricano con le loro mani calzature utilizzando una speciale pelle senza imperfezioni. Quando divento ricca me le compro.
Sono le sei del pomeriggio e ad ogni pr è richiesto di compilare un report nel quale devono segnalare quali articoli sono piaciuti di più agli esponenti della stampa che hanno seguito durante la giornata, incredibile: quello della moda a quanto pare è l'unico ambiente in cui la stampa comanda davvero.
Devo solo imparare a vestirmi. E a parlare una terza lingua, dopo aver dato aziendale mi lancio sul russo.
Contenta e gonfia di sogni saluto, bacio e torno verso casa. In metropolitana comincio a digitare freneticamente in una nota dell'iPhone una bozza per il blog e prontamente una vecchia decide di posizionarsi a un centimetro dalla sottoscritta invadendo il mio spazio vitale e, inutile dirlo, cercare di leggere quello che sto scrivendo.
Incrocio lo sguardo di un ragazzo che ha notato la poca disinvoltura della sciura, mi sorride, è figo. Non interrompe il contatto visivo, continua a sorridere. Sento qualcosa che preme sullo stomaco non so se è il gomito della signora o l'ego che si sta espandendo, ancora.




domenica 13 gennaio 2013

prendendo la rincorsa

Mi ritrovo qui davanti al solito armadio pieno di nulla a dover meditare un outfit adeguato all'evento modaiolo di domani. L'operazione non richiederebbe, nella realtà, l'attenzione che le sto riservando ma il pensiero delle cose futili mi sembra un ottimo antidoto all'isteria da esame imminente. Sta funzionando, forse.
Nelle ultime settimane ho imparato non a piacermi ma a volermi struccata, ma forse solo perché nello specchio mi vedevo ancora abbronzata dopo una rigenerante vacanzuccia egiziana, e a chiudere le applicazioni dell'iPhone, dopo oltre due anni di fedeltà alla telefonia di quella strana marca di frutta.
Ho imparato, grazie a youtube, come fare il nodo alla cravatta e ho capito anche come rimpinguare il mio orgoglio senza alcun aiuto esterno, che l'adolescenza si sia finalmente decisa ad abbandonarmi in via definitiva?
Questo non lo so ma sono certa che non troverò mai nulla di adatto a domani pomeriggio, ci rinuncio e decido che ci penserò domani, con un degno sottofondo musicale, scatenandomi, in un passo a due con l'autostima mia intera, volteggiando per tutta la camera da letto.
Sugli argomenti moda e bellezza so veramente poco, a parte che i colori fluo sono passati e che la pipì bisogna farla prima di darsi le tre mani di smalto e top-coat.
Devo entrare nel personaggio, Carlotta sei una milanese fighetta e modaiola. Training autogeno attivato.
A domani.