domenica 28 aprile 2013

10 motivi perché il mio principe azzurro si lasci disarcionare e calpestare dal suo bianco destriero

1) Spremo il dentifricio dal centro del tubetto, sempre e comunque e, quando ne rimane pochissimo, striscio istericamente il suddetto tubetto su e giù per il bordo del lavandino tenendolo per le estremità, cercando di ricavarne qualche goccia, almeno da correggere l'alito mattiniero;

2) D'inverno me ne fotto della pedicure, inibita, confesso, dal pensiero delle conseguenze del precoce matrimonio tra unghia smaltata e calzino;

3) Parlo e piango (anche contemporaneamente) davanti a qualsiasi film e documentario, con una predilezione per Ozpetek e Muccino ma anche con High School Musical mi cala la lacrima, e dico "Si baaaaciano" quando finalmente i due protagonisti decidono di coronare la loro storia d'ammmore con una sana slinguazzata;

4) Mi dimentico di date, anniversari e compleanni con una disinvoltura che manco il peggio cinquantenne annoiato della sua vita di marito in un libro della Dunne;

5) Nel vestirmi ho una particolare predilezione per il variopinto, di cui vado fiera e nella scelta dei miei look spesso ostento il senso della misura di Kim Kardashian gravida e nuoto a stile libero a largo della modestia;

6) Soprattutto quando vorrei (e quando dovrei) farlo, non sono capace di fingere alcun sentimento, non so camuffare la noia, sono completamente incapace di non aggrottare la fronte davanti alle manifestazioni dell'idiozia umana, sono, insomma, una "diplomatica mancata", una "diplomantica";

7) Mi scappano parolacce, uso espressioni come "che sbatti", "si è fatta una certa", "hai rotto" ma, ci tengo a farlo notare, ho una certa padronanza del congiuntivo;

8) Non ho ancora fatto mia, alla veneranda età di vent'anni, l'abilità di mangiare col rossetto senza trasformare il tovagliolo nel set di un film splatter;

9) Sono spudoratamente (e sinceramente) invidiosa delle fighe, anche di quelle che non fanno loro lo stesso cuore che sto bramando io;

10) Non ho intenzione di cambiare una virgola dei 9 punti precedenti.


domenica 21 aprile 2013

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E fissando il soffitto una insonne notte di aprile ti rendi conto del fatto che la vita non è un film francese indipendente: non si incontra la propria anima gemella alle presentazioni dei libri.
La vita non è neanche un provocatorio serial americano: quello in coda davanti a voi al supermercato non è un umile imprenditore milionario anche un po' cardiochirurgo di medici senza frontiere che muore dalla voglia di di saltarvi addosso. Nessuno al primo appuntamento vi sposta una ciocca di capelli dietro all'orecchio mentre decanta al contrario e su un piede solo i settantordici motivi per cui l'asimmetria del vostro naso è così sexy per lui.
La vita non è una favola e guarda un po' esiste anche la possibilità che vi ritroviate a trascorrerne la parte più significativa (in senso qualitativo o meramente quantitativo che sia) da soli.
Ebbene sì, non è mica obbligatorio trovare, riconoscere ed accogliere bendisposti le avances, i baci, le mani di qualcun altro su di noi.
E non tutti abbiamo ereditato il gene del compromesso, c'è chi ha gli occhi blu e chi per il bene di qualcun altro non riesce neanche ad alzare una cornetta: inutile perdita di tempo, energie e sentimenti tentare di cambiarlo, ricordate che anche le lenti a contatto marroni dopo un po' bruciano e invocano il collirio.
La mia vi sembra una visione pessimistica, triste, forse anche crudelmente cinica? Secondo me esiste una prospettiva peggiore a quella di stare da soli per tanto tempo ed è quella di decidere di stare con qualcuno semplicemente perché incapaci di gestire la propria solitudine.
Sia chiaro, la prima che la speranza romantica disneyana se la porta sottobraccio pure all'Esselunga insieme ai sacchetti rigidi riutilizzabili è la sottoscritta, sognando però di assomigliare a Mulan piuttosto che a una che se la ronfa aspettando che un maschio le salvi la vita con un bacio.
Prima di decidere di offrire a qualcuno tutto di te, compresi ingombranti difetti e manie, senza avere l'immediato impulso di cambiare e snaturarti per ricevere un sì sibilato da una bella dentatura, devi imparare a piacerti, tu. No, piacerti non basta: devi amare quel tuo dito storto, quella parolaccia che ti scappa forse troppo facilmente, il tono della tua voce quando sei incazzato e anche il modo in cui sembri ridicolo quando cerchi di dire una cosa carina. Venera il tuo non saper accettare i complimenti senza metterti ulteriormente in imbarazzo da solo, le tue ginocchia storte da sempre, la tua passione per la tua mamma, il tuo non digerire bene la verdura e il tuo concederti di mangiare i biscotti al cioccolato tra le lenzuola nei momenti di sconforto.

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venerdì 19 aprile 2013

ma come ti vesti?

E' nota a tutti la difficoltà di conciliare vanità femminile ed equilibrio psicologico nella scelta di un outfit, anche quelle che dichiarano di essere immuni alle tentazioni della moda (credibili come le sostenitrici della teoria secondo la quale il tacco quindici è praticamente un massaggio thailandese ai piedi) dedicano manciate di minuti ed energie alla selezione di ciò che indosseranno.
Superata finalmente la fase in cui un arricciamento di labbra di mia madre era capace di farmi rituffare nell'armadio e cambiare completamente, ho imparato che vestirmi come mi pare non è solo un mio diritto ma anche un sanissimo atto liberatorio. Le strade italiane sono percorse tutti i giorni da migliaia di critici di moda con il tatto di Enzo Miccio e il diritto di giudicare di Carla Gozzi che sembrano non aspettare altro che una bella occasione per sparare una sentenza sulle scelte di abbigliamento dei passanti. Volete veramente rinunciare a essere passati ai raggi X da qualcuno di loro e ricambiare le cattiverie con un sorrisone colmo di grazia?
Ribadendo il sacro dovere di ogni essere umano di sparare un commento acido su chi da cassetti e ante ha dimenticato di estrarre il decoro, principio fondamentale del vestire, non posso che schifare l'orrenda e tipicamente italica abitudine di non rispettare le scelte degli altri.
Usanza difficile da estirpare ma veramente troppo fastidiosa per non essere combattuta, in primis dalla sottoscritta, che, fino a qualche passeggiata fa, era la prima a sputare sentenze.
Decido di professare questa mia nuova filosofia del "mi vesto come mi pare quanto lo puoi fare tu" non solo nella vita di tutti i giorni, regalando risatine ai miei compagni di università, ma anche a un evento mondano. Nel recarmi nel luogo del cocktail per la prima volta non percepisco minimamente il desiderio di essere uguale agli altri e cammino anche un po' più dritta del solito perché quello che vedo riflesso nelle vetrine mi piace proprio. Puro e sano, se non eccessivo, feticismo dell'ego. Il tutto coronato da un'entrata sorridente, la conquista di uno sguardo (magari schifato, ma chissenefrega conta lo stesso) di Inès de la Fressange e da un fotografo che mi si avvicina chiedendomi "Scusa, posso farti una foto?"
Incredulità al cubo : "A me??!"
Ho dei testimoni, Ferragni spostati.

martedì 2 aprile 2013

fotoigienici

In un'era dove le persone sono schiave dell'immagine e tutti ambiscono a modelli estetici inverosimili parliamo di un argomento originale: la fotogenia.
Sia benedetto il Mac che come gli specchi di Zara un po' ci snellisce e un po' ci migliora in Photo Booth tramutando gli scatti narcisistici dei nostri momenti di noia in qualcosa di appena pubblicabile su Facebook. Siano lodati i filtri di Instagram che, creando un'ombra strategica appena sotto il nostro zigomo, ci rendono competitive nel confronto con qualche blogger dal make-up griffato e fanno sembrare i quattro salti in padella che abbiamo appena scaraventato nel piatto del nostro servizio buono Ikea, una creazione a quattro mani di Cracco e Barbieri.
Nonostante gli aiuti offerti dagli ultimi ritrovati della tecnologia ci sono delle fotografie alle quali non sei preparata e che riescono a cogliere tutto il brutto del tuo aspetto, tutto insieme, anche quello che, francamente, nello specchio due ore prima non ti sembrava di aver visto. E mentre cerchi di recuperare i cocci della sezione vanitosa della tua autostima facendoti del training autogeno mentre ti stagghi da ogni obbrobrioso ritratto ecco lì lei, miss perfezione, che ti guarda in tutta la sua non ignorabile strafigaggine, sorridendo, da ogni foto. O-g-n-i singola foto. Incuriosita dal fenomeno della fotogenia patologica ho cominciato a guardarmi intorno ed ecco lì, nascosti in mezzo a noi persone comuni, dei portatori fighi di faccia-da-foto. Questa rara specie, in via d'espansione grazie alla diffusione della plastic surgery e di flash sempre più potenti, ha sviluppato un acuto olfatto in grado di carpire un apparecchio dotato di obiettivo e zoom a sessanta metri di distanza. Non appena l'esemplare capisce di trovarsi nell'inquadratura di una foto, che si trovi in primo piano o sul parapendio sospeso a cento metri sopra la testa della Bundchen che posa per GQ, ecco che assume una particolare posizione (ogni soggetto ne predilige una diversa) e, tirando in fuori le labbra e irrigidendo la mascella è pronto per essere immortalato.
E' bene ricordare però che è solo grazie alla pratica portata avanti fin da cuccioli che questi simpatici esseri viventi sono capaci di risultare così esteticamente gradevoli in foto.
Voi siete disposti a rischiare una solitaria paresi facciale davanti allo specchio o preferite sperare, romanticamente sospiranti, in una foto futura in cui verrete stupendamente un po' come si spera nella venuta del principe azzurro e della Nutella a calorie zero?