giovedì 13 dicembre 2012

charlie bradshaw

Senza un apparente motivo eccomi a cercare di non affogare in quello che si definisce un periodo orribile, con una solitudine che da scelta si è trasformata in un'imposizione del destino e la consolidata abitudine di incontrare quotidianamente la maleducazione in tutte le sue personificazioni. E qui ci starebbe una parolaccia, ma salviamo almeno le apparenze.
Chi dichiara di odiare l'atmosfera natalizia cercando di convincermi di quanto sia superiore ai comuni mortali come me che sognano lucine, caminetti e di addobbare l'albero con qualcuno di speciale, magari non la mamma, non riesce comunque a turbarmi quanto le migliaia di coppiette che si riversano sulle strade in cerca di regali e che a quanto pare appena si prendono per mano perdono instantaneamente la facoltà di deambulare in modo intelligente.
E' tra di loro che cammino, o meglio, corricchio nei miei stivali di Miu Miu, recuperati su una bancarella di via Fauchè, alle 18 di mercoledì 12 dicembre. La mia amica troppo fiduciosa nelle mie doti di socialite mi ha invitata a recarmi in Corso Como 10 per un cocktail di inaugurazione di una mostra di scarpe di Sergio Rossi ispirata al movimento artistico Memphis Milano. Inutile dire che ho dovuto googlare Memphis.
Visto che non sono figa per davvero, nonostante per l'occasione abbia scomodato Romeo Gigli, Gucci e un gilet di volpe argentata, prima di passare a prendere in ufficio colei che mi sta iniziando agli eventi mondani, mi tocca passare dal dentista a ritirare il mio, si spera, ultimo apparecchio per i denti. L'assistente di poltrona, che mi conosce da quando avevo 8 anni, rimane sconvolta nel vedermi pettinata e truccata.
Con uno stupendo scatolino di plastica giallo fosforescente in borsa e negli auricolari "città vuota" di Mina per far finta di essere Laetitia Casta dolceegabbanizzata, riprendo la mia corsa verso Corso Venezia 30 dove recupero una fanciulla sommersa di lavoro con la quale prendo un taxi verso la nostra destinazione finale.
Emozione: all'entrata scopro che non sono un "più uno" ma un nominativo, che, guarda un po' finisce in "gni" come Ferragni. La padrona di casa, Carla Sozzani mi arriva poco oltre il gomito, misurazione resa facilmente possibile dalla mancanza di tacchi in entrambe. Quando mi distraggo dalla contemplazione delle quattro paia di scarpe e dei due vasi per i quali è stata montata tutta la serata noto però che la sorella della nostra Anne Wintour indossa nientemeno che delle calze color carne. Non credevo fosse possibile. Insieme agli alchechengi e all'abitudine di non dire grazie, le calze color carne sono una delle poche cose del mondo che proprio non mi piacciono. E non dovrebbero piacere neanche alla Carla. Piuttosto i geloni nelle Laboutin.
Mentre sono intenta a sorseggiare un kir in un bicchiere a fantasia calcarea mi guardo intorno: sedicenti fashion bloggers vestite al buio: presenti. Uomini dai ciuffi chilometrici: presenti. Donne nel cui volto è impossibile scorgere un'età? Presentissime.
Voi vi siete mai accorti del fatto che agli uomini del mondo della moda sia permesso di essere in sovrappeso? Io ci ho pensato ieri sera, sarà stato merito del kir, o del calcare e non ho potuto fare a meno di constatare l'ingiustizia della cosa.
Il clima non è frizzantissimo e dopo un po' di chiacchiere, il mio incontro dei sogni, con Ildo Damiano, e la constatazione del fatto che da vicino tutti sembrano decisamente più umani, e più rifatti, io e la mia guida mondana decidiamo di darcela a gambe verso una cena, non proprio adatta a delle donne di moda, a base di hamburger e patatine. Ma prima sogniamo un po' tra i cartellini a tre zeri dello store di Corso Como 10, e confrontiamo la mia Balenciaga finta con quelle vere, senza in realtà constatare troppe differenze.
Appena prima di uscire incrocio un amico che si lascia scappare un "Mmmh, figa!" che dà un senso ai miei sforzi per avvicinarmi allo stile Sex & the City: l'autostima ringrazia, da mo-ri-re.
Giochiamo a rimbalzare i venditori di rose e gli amanti delle pick-up lines patetiche e dopo un Negroni dopo-cena siamo pronte a sfrecciare a casa per la mezzanotte come delle Cenerentole, solo che noi non siamo proprio capaci di perdere le scarpe, come d'altronde tutte le donne vere.



giovedì 22 novembre 2012

ma dove vai bellezza in bicicletta

La routine è ormai pienamente invernale: siamo più vicini alla fine di novembre piuttosto che al suo inizio,  e per il mondo del commercio è anche già Natale, accidenti.
Le amiche efficienti ti mettono ansia presentandoti le loro splendide decorazioni per la casa mentre ti chiedono quali saranno i tuoi programmi per le feste. Non hai il coraggio di confessare che casa tua non ha ancora del tutto metabolizzato le caramelle e le zucche di Halloween e che tu, alle vacanze invernali, non ci avevi proprio pensato. Fingi disinvoltura glissando l'argomento alberi e pungitopo e dando la colpa della tua negligenza in fatto di Christmas holidays all'indecisione di qualcun altro che proprio non sa decidere se sciare o no.
Le temperature scendono, qualcuno è già intento a montare addobbi e noi ciclisti milanesi aggiungiamo un paio di guanti caldi alla nostra attrezzatura. I miei sono arrivati oggi, Sermoneta blu elettrico, grazie nonna.
Più ci si avvicina a dicembre sempre più persone in psicosi da freddo decidono di prendere l'automobile per spostarsi, mica che uno spiffero li raggiunga. Questo comporta il fatto che noi pedalanti abbiamo più persone da superare col sorriso mentre sono in coda a lamentarsi del traffico, quando il traffico sono proprio loro. Noi, oltre a non avere bisogno di benzina e a non avere problemi di parcheggio, ci scaldiamo da soli, muovendoci e magari bruciando anche un paio di calorie, nessun posto è "troppo lontano".
L'azione del pedalare dev'essere in qualche modo collegata ai muscoli del viso che contribuiscono all'esternazione della beatitudine e, a parte quando si è in un ritardo disperato, i ciclisti hanno stampata in faccia l'espressione opposta a quella degli automobilisti, guardatevi nello specchietto.
Guardate i ciclisti, contate quanti di loro sono fighi, fate una media: non vorreste essere uno di loro? Automobilisti maschi guardate quella ciclista, ops vi è appena sfrecciata accanto e ora sta superando tutta la coda davanti a voi, non vorreste inseguirla e poter attaccare bottone con la stupida scusa di un complimento a proposito dei fiori che ha sul cestino?
Automobiliste donne lo so al semaforo siete rimaste ipnotizzate dalle gambe tornite che si intravedono sotto l'abito di sartoria di quel fanciullo che su una vecchia Bianchi sta andando a lavorare, beh affari vostri il vostro Tuareg non riuscirà ad affiancarlo degnamente al prossimo stop.
Io non ero un tipo da bici, mai stata. Ho cominciato a pedalare perché secondo mio padre avrei preso le misure per poi muovermi col motorino. Risultato: dopo qualche mese di motorino, come regalo di compleanno ho chiesto una bicicletta nuova per andare in università, e il mezzo motorizzato è nel box per le emergenze (e per mia mamma che ogni tanto zitta zitta lo frega).
Le prime volte che ti trovi a pedalare per una distanza considerevole fai una fatica porca, maledici la tua idea senza senso di fare la radical-chic e la sera hai male a ogni muscolo, non solo delle gambe. Ma, chissà perché, sulla bici ci risali e ci risali e ci risali finché non fai più fatica, non sudi, riesci a inseguire chiunque.
E la tua idea di pedalare farà venire voglia di essere benzina-indipendente anche a qualcun altro, che a sua volta verrà visto da un altro e... Vi ho dato un'idea per un regalo di Natale?

domenica 18 novembre 2012

accidenti

Non vi sembra mai che la vita vi stia prendendo per il culo? Io vivo con questa convinzione.
Perdi delle ore per escogitare un metodo per sembrare più avvenente e poi una simpatica giornalista affida a una sfigurata Valeria Marini il compito di istruirti nell'arte della seduzione. Accendendo la tv scopri che le autorità in fatto di stile sono un organizzatore di matrimoni pacchiani e una nana platinata che a cinquant'anni indossa i calzini risvoltati della comunione oppure un cetaceo di nero vestito con quattro peli arancio fosforescente ritti in testa, rispettivamente Enzo, Carla e Giusi Ferrè.
In questo strano mondo le persone hanno migliaia di amici, ma sono sempre da sole. 
Molti cercano l'amore sui social network, quelli che si sentono un po' più fighi lo fanno in discoteca e "Oh ma quanto sei alta" o una manata su una chiappa sono considerati un valido approccio per conquistare l'attenzione di una donna.
Se uno ha letto qualcosa oltre al sussidiario è un miracolato, se lo dichiara viene snobbato dalla maggior parte degli under 25, che non sa di cosa stia parlando.
Le pubblicità dei profumi si fanno veicolo di messaggi filosofici o di prese per il culo nei confronti del povero George Clooney, Fabio Volo "conosce le donne", le fashion blogger in ogni foto sembrano sempre essere reduci da una caduta nell'armadio, al buio, con conseguente avvoltolamento in una tenda con conseguente topicco in una scarpa sadomaso.
Evito l'argomento classe politica, incidenti diplomatici e affini, volutamente.
Se te la do sono una zoccola, se non te la do "mamma mia che suorafigadilegno". Se ricevi un mio messaggio sono la pressa che dopodomani vuole sposarsi, il riso, la casa, i bambini, aiuto,  se non ti scrivo sono una stronza che se la tira. E idem pensiamo noi dei messaggi dei maschi. 
In tutti i film come Friends with benefits che parlano dell'incompatibilità della mentalità maschile con quella femminile e, inevitabilmente, del sesso senza amore alla fine i due (strafighi) si amano.
Ambra Angiolini e i suoi occhi da trota finiscono a letto con un sacco di fighi (ma c'è da dire che in un film per contrappasso si becca pure Valentino Picone).
Le persone si lasciano perché si amano troppo, si tradiscono ma si amano, se ti dicono che qualcuno ha "dei begli occhi" questo è un cesso.
In ogni momento preghi di non fare la minima figura di merda, ogni sera dopo le preghiere implori una crescitina di tette e poi Rory Gilmore e Lizzie McGuire cuccano più di te.
Vaffanculo, ecco l'ho detto.


lunedì 29 ottobre 2012

brutti e pupe

La questione è una sola: la mia università è frequentata da troppe belle ragazze, il che non è propriamente propedeutico al mantenimento in vita della mia già acciaccata autostima. Le due amiche con cui giro per i chiostri? Due schianti biondi che hanno già provocato un gran numero di torcicolli tra i frequentanti maschi (o presunti tali) dell'ateneo. Lusinghiero che non si vergognino a portarsi in giro la sottoscritta (sarò mica un pizzico figa anche io?) ma non posso non essere terrorizzata dall'idea, o meglio dalla certezza, che attireranno l'attenzione anche di mr camicia stirata, oggetto dei miei sguardi sognanti nonché protagonista dei miei sogni romantici tra una derivata e l'altra. Ma loro sono troppo belle anche per lui.
Ogni mattina per quanto io mi senta carina mentre pedalo nel tragitto da casa all'università, appena giunta in Sant'Agnese tutte le mie convinzioni su quanto sono dimagrita, su quanto mi stia bene la frangia, su quanto efficientemente questo nuovo vestito mi nasconda i fianchi, crollano inesorabilmente davanti a una folla di per lo più bionde fanciulle dai lineamenti fini dotate di borse griffate coordinate alle scarpe. Sembrano aspettarmi, ogni giorno, schierate sempre nella medesima formazione per ricordarmi i canoni di bellezza ricercati da ogni ventenne di questo mondo, grazie care, gentilissime.
Una frangia spettinata e un nasone fanno innamorare solo nei film francesi indipendenti e Louis Garrel non bazzica propriamente in corso Magenta, accidenti.
Provo a decidere la sera prima che vestiti da indossare, stile elementari, nessun miglioramento ma almeno preparo anche la borsa e comincio a ricordarmi di prendere una bottiglietta d'acqua. Mi lancio nell'analisi di video tutorial su youtube per il make-up ma non oso mettere nulla in pratica consapevole di non avere particolare confidenza con l'oggetto trucco. L'idea di emulare chi coraggiosamente si reca a lezione con i tacchi non so perché ma non mi sfiora nemmeno. Nonostante i tentativi conditi di buona volontà non riesco ad ottenere risultati soddisfacenti e decido di confidare nel tempo, sperando di svegliarmi una mattina con il senso estetico di Rachel Zoe e l'abilità manuale di Clio. Nel frattempo rimango spettinata, un po' sgraziata ma il più possibile sorridente, in fondo se sei bella dentro si vede dai denti (sorridi). E a pensarci bene la bellezza interiore anche è l'unica universalmente riconosciuta, meglio lavorarci su.


domenica 28 ottobre 2012

senilità

Ebbene ho 19 anni, età ingrata in cui non si è ancora adulti ma si è più o meno superata l'adolescenza. Quando si diventa grandi? Forse quando si va a fare la spesa da soli, comprando anche ciò che serve a soddisfare le esigenze di qualcun altro, e ci si perde tra i corridoi di un supermercato sognando di tornare a riordinare il contenuto dei sacchetti in una casa tutta propria. Quando si fantastica di condividere la scelta dello yogurt con qualcuno, quando si comincia a meditare di fare la spesa dopo le sette per incrociare i complici sguardi di chi ancora non sa bene cosa gli riserveranno i prossimi anni ma che già decide autonomamente cosa mangerà per cena.
Diventiamo grandi quando dobbiamo gestire personalmente il cambio di stagione dell'armadio, quando parliamo di cosa vorremmo fare in un futuro che abbiamo capito appartenere solo a noi, quando ci accorgiamo che una mamma può non avere ragione e riusciamo a non farglielo notare.
Siamo un po' più cresciuti dopo aver tenuto in braccio un neonato, anche se quasi sconosciuto, così come quando fingiamo che non ne vorremo mai uno nostro.
Si diventa improvvisamente grandi nella constatazione della mortalità umana, si cresce nel capire che i propri genitori non sono dei supereroi. Si cresce quando si provano i tacchi della mamma di nascosto, quando si rompe qualcosa preso in prestito, quando si piange davanti ad un bambino.
Ci si accorge di essere un po' invecchiati quando si giura a se stessi di non credere nell'amore, ma ancora di più quando si impara ad apprezzare quel sano sfarfallio caratteristico di ogni apparato digerente.
Diventiamo grandi quando compriamo qualcosa con i soldi che ci siamo guadagnati, quando viaggiamo da soli, quando smettiamo di accontentarci. Quando riusciamo a comprendere un rifiuto e ogni volta che consigliamo a qualcuno di dire la verità. Quando scopriamo un tradimento, quando diciamo a qualcuno che andrà tutto bene senza ben capire se lo crediamo davvero.
Siamo grandi quando scegliamo di fare più fatica.
Ci sentiamo grandi ma non adulti, quel tipo di crescita non lo percepiremo mai.

mercoledì 17 ottobre 2012

I'm a not-so-fashion blogger

Tra le mail a volte si trovano piacevoli sorprese, come un invito a un cocktail da Roger Vivier. Ci vado? Non ci vado? Ma poi io non so come ci si comporta a un cocktail.
Cosa mi metto? Ci si tacca o non ci si tacca? E' una cosa formale o bisogna far finta di essere passati da via Sant'Andrea 17 alle 19 di martedì 16 ottobre per puro purissimo fortuito caso?
Decido di rimandare all'ultimo momento ogni sega mentale preventiva e mi concentro sugli impegni del mio ordinario secondo giorno della settimana: qualche figura di merda in università, consegna dei documenti per l'abbonamento ai mezzi, pranzo al volo, ripetizioni di inglese a un ragazzino (e fu così che imparai a dire apparecchio e gomito in inglese), estetista prenotata ciccando di un'ora secca l'orario. Il tutto pedalando sulla mia splendida bici da sciuretta amica dell'area C, sperando che serva perlomeno alle chiappe.
Arrivo a casa, ovviamente spettinata e un po' indolenzita ma ahimè sono già le 18.30 e non ho il tempo (ma neanche le forze) di meditare un cambio di look degno dell'evento. Punto sulla tattica di quella che  "è riuscita a fare un salto" e rimango vestita come Diane Keaton in Manhattan.
Mi do una spennellata di terra sulla faccia sperando di non avere un planisfero disegnato sulle guance, due colpi di spazzola alla frangia più o meno fresca di taglio e infilo i miei tronchetti supermaschili. Sono pronta, esco ed evito sapientemente di incrociare il mio riflesso nello specchio dell'ascensore perché so che non sarei soddisfatta di come sto.
Mi avvio verso la più vicina fermata della metropolitana risalendo come un salmone piuttosto sfigato la corrente di tifosi che accorre allo stadio per vedere la nazionale e dopo qualche minuto raggiungo il mio vagone. Ipod a palla, dopo solo due canzoni sono già arrivata, accidenti. Mi controllo nei vetri delle porte automatiche, dai la situazione non è poi così drammatica, fermata San Babila, eccoci.
Mentre mi avvicino alla mia destinazione mi ripeto le regole del galateo, cerco di ricordare le mie ultime dodici figure di merda fatte al fine di evitarne un bis gratuito e senza applausi, cerco di immaginare cosa mi attenderà. Mi sento come la tipa de Il diavolo veste Prada tra il prima e il dopo la cura de-sfigacizzante.
Arrivo e vengo accolta da una teatrale uscita nientemeno che di Simona Ventura della quale riesco a malapena a distinguere i connotati originari ma sono perfettamente in grado di sentirne la vocina richiedere un taxi dopo aver chiesto ai suoi, come definirli, collaboratori, scagnozzi, come mai fosse già "tutto finito".
Sono le 19.27 l'invito diceva "dalle 19 alle 21" mi sarò mica persa questo "tutto", avrò mica già toppato presentandomi in ritardo? 
Mando un messaggio alla mia favolosa amica che ha voluto sopravvalutarmi invitandomi: sta uscendo solo ora dall'ufficio: la aspetto un paio di minuti e insieme a lei sono pronta ad entrare.
Si dispiega davanti a me un mondo fatato fatto di scarpe e borse di una fattura e di una bellezza quasi più uniche che rare. Tempo dodici secondi mi è già stato offerto dello champagne (Carlotta, concentrati, non rovesciare quel cazzo di bicchiere) e non esito un attimo a esplorare con lo sguardo tutto ciò che ho intorno.
Chi può indossa un paio di scarpe della casa, tanti sono agghindati per l'occasione. Io no, ma stranamente non ci penso più di tanto.
Riesco a scorgere Inès de la Fressange, unica sopra gli "anta" qua dentro che dimostra e vuole dimostrare la sua reale età, alta, altissima e di un'eleganza che attira gli sguardi di tutti. In primis il mio, e devo ricordarmi che fissare le persone non è un gesto particolarmente educato per convincermi a non guardarla continuamente.
Scorgo una fin troppo bionda e davvero oltre misura colorita Panicucci e una sorridentissima Lagerback che lascia il negozio salutando tutti come se li conoscesse da una vita, fantastica. 
Ma sono consapevole fin da subito che il mio dichiarato vip-watching è super-out: qua tutti, o quasi, si comportano come se fossero loro i protagonisti indiscussi della serata e alla Inès al massimo fanno finta di tirare una disinteressata gomitata. Tra i vari soggetti scorgo una manciata di fashion bloggers o it-girls specie, ahinoi, in via d'espansione i cui esemplari sono riconoscibili dall'accostamento a minchia di gonne tartan e magliette a righe con calze a fiorellini abbinate a sandali sadomaso. Che stile. 
Non posso non constatare che la maggior parte delle fanciulle presenti pesa più o meno come un mio polpaccio ma in fondo non è colpa mia, è che ho le ossa grosse. 
Dopo non molto mi sono già ambientata, invitata da una delle ragazze più in gamba di cui conosco l'esistenza (la quale ho potuto rintronare con una chiacchieratona delle mie) imparo un sacco di cose nuove e incontro anche un amico che dopo l'evento mi propone un salto anche da Hermes. Chi sono io per dire di no alla presentazione di una nuova collezione di cravatte? Mi sa che ci ho preso gusto, ahia. 


mercoledì 26 settembre 2012

100% matricola

Dopo "aver avuto 15 anni per 15 anni", ho finito il liceo anch'io.
Quello dell'università è il periodo più bello della vita di un individuo, non fanno che ripeterlo tutti, dagli amici di mammina al preside di facoltà, e un po' ci credo o ci voglio credere anch'io.
Niente più compiti e interrogazioni ma "esami", parola che ti fa sentire grande, figo, indipendente e un pizzico più vicino a quelli che tentano di abbordarti agli aperitivi pettinati infrasettimana chiedendoti "che lavoro fai?" solo per dirti che lavoro fanno loro (reggere le sorti dell'universo, ovviamente).
Esami che, a settembre, non spaventano ancora più di tanto.
Scuola nuova, Università Cattolica, cognome che comincia con una lettera che non è la stessa delle due persone frequentanti il mio stesso corso, economia e gestione, che conosco già. Panico iniziale.
Durante le pause, che paiono incontri di speed-dating, dalla mia solitaria postazione, appollaiata su una panchina a smanettare con whatsup, osservo incuriosita improbabili accoppiate uomo-donna, formatesi in seguito ad una maldestra gomitata di lei a lui tra gli strettissimi banchi di Sant'Agnese, intraprendere un percorso di conoscenza più approfondita.
Lui finge maturità e amore per la letteratura russa del diciannovesimo secolo, lei annuisce a bocca aperta mentre pensa a quanto ha assolutamente bisogno di una Louis Vuitton più grande.
Le ragazze sono poche ma la concentrazione di quelle carine è di certo superiore a quella dei ragazzi guardabili...O forse il nostro genere è semplicemente benedetto dalla possibilità di un sapiente uso del make-up? In tal caso Clio santa subito.
La maggior parte dei maschietti ha un taglio di capelli più studiato (e costoso) del mio, indossa magliette con scollo a V e scarpe griffate (no, non Nike), alcuni hanno anche più tette di me. Quasi dimenticavo i loro amati jeans nemici della circolazione, notevoli, devo dire, su chi è tanto largo quanto alto.
Per quanto riguarda le donne, qua se non hai le Hogan con i glitter non sei nessuno e la tua cartella deve essere logata minimo 15cmx15, un acquisto no logo non avrebbe avuto senso ma spiegarvi perché mi farebbe risultare davvero troppo acida (Jil Sander chi?) .
Ben presto noto che la mia penna a sfera e il mio quadernino risultano decisamente out: tutti si destreggiano con iPad e portatili di ultima generazione. A meno che Siri non possa anche scrivere e fare schemini come piace a me leggendomi nel pensiero, sono sicura bestemmierei alla terza freccetta che si autocancella col doppio click. E dopo due minuti comincerei a scrivere una pagina del mio diario segreto servendone su un piatto d'argento l'opportunità di lettura in diretta a quello in banco dietro di me.
Tutti hanno una missione: essere, o almeno apparire, strafighi, al massimo, perfetti, sicuri di sé. Ma a 19 anni si è ancora impacciati, goffi, sfigati e un po' bambini. Si è matricole, è la natura. E più si cerca di sembrare adulti e disinvolti, più si ottiene l'effetto contrario, non si va contro alla natura.

mercoledì 29 agosto 2012

Niente di nuovo sul fronte sentimentale

Le vacanze sono quasi finite e con loro la stagione dei flirt, del caldo come scusa per spogliarsi, dell'iperattività ormonale, delle fughe in giro per il mondo, degli occhi che non vedono e cuori non dolgono.
Nonostante fino a poco tempo fa facessi la figa (non oso immaginare con quali sgradevoli risultati) atteggiandomi a Carrie Bradshaw martellando i maroni dei miei amici con personalissime teorie su quanto fosse fantastico essere single, il mio entusiasmo per la vita solitaria non è sopravvissuto all'estate.
Ho scelto come destinazione delle mie vacanze Ibiza, dove mai avrei immaginato di rimpiangere anche solo per un secondo la mia condizione ma ecco che anche lì splendide coppiette sono riuscite a stimolare la mia ghiandola invidipara che ha cominciato a secernere la verde sostanza a ritmi più che sostenuti.
Il mio affezionato odio spietatissimo nei confronti degli innamorati felici, ottimo meccanismo di autodifesa studiato e messo a punto dal mio cuoricino infranto, ha ahimè lasciato spazio alla venerazione per ogni gesto carino i due fidanzatini in questione decidano di compiere.
E' un po' come guardare un film: sorridi, sospiri, sogni immaginando quando capiterà a te (perchè, lo credi davvero, ti dovrà capitare) ma quando ti riprendi torni alla tua vita dove i bambini urlano, le sopracciglia sono sempre una diversa dall'altra, nessuno ha ancora scoperto come cazzo far sopravvivere il rossetto vermiglio a una cena senza sembrare Jocker, e sei da sola.
Qualche anima pia tra i miei amici ha anche, con una grave carenza di disinvoltura, inserito la sottoscritta in cene per coppie più soggetto jolly, un malcapitato generalmente single che ha avuto la malaugurata idea di esprimere il desiderio di conoscere una ragazza e di accettare l'invito ad uscire con amici accoppiati e che si troverà ben presto a chiedersi perchè mai abbia deciso di recarsi proprio in quel luogo proprio in quel giorno e proprio in quel momento. Dopo un'iniziale incazzatura di rito alla notizia che ci sarà "quel loro amico" misterioso, cominci a nutrire una qualche aspettativa, prontamente dissolta in mille pezzi alla vista del ragazzo che incarnerà, in perfetta linea con la legge dell'universo, la sfiga, tutto ciò che hai sempre detestato.
Qualcuno (su twitter) mi ha detto che con due coppie e un jolly si è messi bene, ma io al massimo da vera pinella posso stare in un burraco, manco puro.
Per l'amore ci vuole tempo e sono poco più che una bambinetta, diciamo che per ora mi basta qualcuno che vada a prendermi da bere e da mangiare senza farmi alzare alle feste, e che faccia il ruffiano ogni tanto: adoro i complimenti.



sabato 18 agosto 2012

altezza mezza bellezza

Ehy voi che venerate la statura elevata e dichiarate di invidiare coloro che guardano il mondo da un po' più in alto, vedrò di farvi ricredere.
Innanzitutto più lungo è il nostro corpo più estesa è la superficie da depilare e quindi gambe più lunghe corrispondono a più tempo da trascorrere a cerettarsi, radersi, sottoporsi a laser... Siete veramente sicure di volere quella decina di centimetri in più?
Noi alti inoltre veniamo sfruttati per raggiungere gli scaffali inaccessibili agli altri o per avvitare lampadine in posizioni scomode.
Abbiamo piedi sempre lunghi, e a noi ragazze spesso capita di condividere la misura delle scarpe con il nostro fidanzato, il che non ci fa sentire per niente sexy.
Pesiamo di più rispetto alla media delle fanciulle e per questo tendiamo a non rivelare la cifra esatta dei nostri chili, fingendo ignoranza completa a proposito della misurazione precisa offerta dalla bilancia.
Nella ricerca di una ipotetica dolce metà dobbiamo eliminare un buon 40 per cento della popolazione, che fatica ad arrivare a guardarci negli occhi e quando mettiamo i tacchi c'è sempre qualcuno che rompe i coglioni ricordandoci che non ne avremmo bisogno.
Faticherete a crederci ma esistono persone che non vedono l'ora di abbordarvi con la frase "ma quanto sei alta?"
All'elenco delle nostre sfighe possiamo aggiungere il fatto che i pantaloni di alcune case di moda ci vanno irrimediabilmente corti e che quello che per le normoalte è un vestito molto spesso per noi è un top un attimino troppo lunghino.
Noi metrottantine siamo stronze e diffidiamo di ogni complimento perchè sopravvissute a un'infanzia e un'adolescenza di prese per il culo, appena allunghiamo il passo andiamo troppo veloci e ci sentiamo sempre osservate. Abbiamo un sogno, che non abbiamo mai svelato a nessuno: essere piccoline per poterci nascondere appena lo desideriamo.
Io personalmente ho sempre bramato di essere sopraffatta da un abbraccio, cosa che potrà succedere solo se riuscirò a conquistare un giocatore di pallacanestro. O un rugbista. O un modello molto alto.

Ma in fondo a chi ci dice che nella botte piccola sta il vino buono diamo ragione solo per qualche secondo, prima di ricordarci che in quella grande di vino ce ne sta di più.

giovedì 12 luglio 2012

...e invece era un calesse

"Sei fidanzata?"
"Boh"
"Come boh?,  è semplice: o lo sei o non lo sei"
"Boh mamma non fare la precisa, al giorno d'oggi non funziona più come ai tuoi tempi..."
Inutile descrivere la comparsa dell'orrore misto a perplessità sul non sempre dolce visino di mammina e altrettanto inutile cercare di spiegarle che l'amore non si può diagnosticare e che nulla nel 2012 può essere dato per scontato. Esci con qualcuno che quando non ti vede non ti degna di una telefonata, se non quando è a mangiare da solo e si vergogna a stare in silenzio a fissare il tovagliolo mentre aspetta l'antipasto? Non fare la psicopatica e non pressarlo, poverino ha bisogno delle sue libertà ma, dice lui, gli interessi davvero.
Scompare per tre settimane? Esci con qualcun altro e vedrai come riapparirà magicamente, all'istante, magari anche con la voglia di darti della zoccola perché, anche se non lo sapevi , stavate insieme.
Evidentemente la gestione delle relazioni un tempo era fin troppo facile e per rendere tutto un po' più interessante qualcuno ha sentito il bisogno di aggiungere alle opzioni "single" e "impegnato" almeno un'altra decina di variazioni sul tema. E così nacque la figura dell'amico con cui ogni tanto scappa una lingua ma nulla di sentimentale, e ci incastrammo da soli illudendoci dell'innocuità del friend with benefits.
Se il sesso arriva subito lei è una facile, lui un eroe e la voglia di conoscersi oltre il livello fisico potrà nascere solo in uno dei due soggetti (indovinate quale?), se il sesso non arriva entro un certo numero di uscite il rapporto verrà da qualcuno catalogato come "strano".
Ah e se ti accorgi che quella con cui hai condiviso le ultime quattro cene pseudoromantiche non è la persona giusta per te, evita di dirglielo: ora è di moda lasciare che la lei o il lui in questione lo deducano dalla tua improvvisa latitanza.
Ora mamma ti prego raccontami ancora quella storia di quel ragazzo terribilmente anni ottanta che chiede di uscire a una, la sente quasi tutti i giorni e a un certo punto si rende conto che è lei la ragazza con cui lui vuole stare. Anche se so che alla quarta parola starò già inveendo contro i due piccioncini, animata dallo stesso odio che nutro per i protagonisti delle commedie romantiche, che hanno sempre il culo parato, anche quando mandano un sms al numero sbagliato.

giovedì 7 giugno 2012

il favoloso mondo delle sciocchezze

In un periodo come questo dove la fortuna è contro di me e il karma è buono come una donna che non ha niente da mettersi, l'unico metodo per sopravvivere è attaccarsi ai piccoli piaceri della vita.
Patetica come un'hipster che vuole essere come Amelie Poulain, sento una voce fuori campo che dice "A Carlotta Sanzogni piace...". Le cose belle esistono, mi obbligo a non dimenticarlo, e sono incluse anche nelle giornate peggiori di una vita.
Alcuni dei momenti che prediligo rispondono unicamente alla mia parte femminile come mettersi il mascara e accarezzarsi le gambe appena dopo la ceretta. Altri alla mia anima maschile come tirare indietro ai bambini la loro palla finita fuori campo.
Poi c'è il solletico del naso maldestro di chi ci sussurra qualcosa all'orecchio, salire su un treno appena prima che parta lasciandosi sfiorare dalle porte in fase di chiusura, rubare la crema da una torta con un dito e gustarla in anteprima prima che venga servita.
Amo i ringraziamenti, indirizzati a me o no, gli amori che durano qualche fermata di metropolitana, camminare con la musica nelle orecchie e fare finta di essere in un film sulla propria vita, assistere alle gare tra le gocce di pioggia sul finestrino, parlare al cinema.
Impazzisco come una povera oca per gli occhiolini, mi sento fighissima nel superare le macchine in bicicletta.
Regalo un sorrisone a chi si propone di offrire il secondo giro, che si beva o no.
Non riesco a non cantare e ballare sotto la doccia, mi riempie di gioia scoprire un brufolo scomparso,
e un brivido mi percorre la schiena in quell'attimo di incertezza e di paura che precede un primo bacio.
E anche quando tutto va storto (e magari chi ci ha baciati si è rivelato uno stronzo), si può sempre mangiare il gelato sul divano.
Trovo sia fantastico rientrare in casa e sentire solamente l'eco dei proprio passi, cerco sempre la parte fresca del cuscino, e adoro i complimenti (anche quelli interessati contano) anche se non so mai cosa rispondere senza sembrare un'idiota.
Credo sia tutto.






domenica 27 maggio 2012

maggio fatti coraggio

Maturità, t'avessi presa prima...impossibile perché mammina, che da sempre mi educa alla modestia (o almeno ci prova), non avrebbe mai e poi mai fomentato la mia inclinazione a fare la maestrina in ogni situazione mandandomi a fare la figa che va un anno in anticipo alle elementari.
Fatto sta che il 2012 oltre che l'anno della fine del mondo è anche quello del mio esame di maturità, che poi a pensarci bene oggi, a un mese dalla prima prova, mi sembra un po' la stessa cosa.
Non ho mai studiato con tanto impegno nella mia vita e a volte lo stress scolastico si somma a tutto quello che questo maggio, il primo senza papà, comporta. Allora esplodo.
Le ricorrenze fanno violenza. E le sue cose lo vogliono ancora lì, in quella metà di letto, in quel quarto paio di posate, in quello strano quadro di Buzzati, in quelle migliaia di libri impolverati che a lui non avevo mai dimostrato di apprezzare più di tanto.
Sono passati sette mesi e penso ancora a mandargli un messaggio dopo ogni interrogazione, a chiedergli di andare a una mostra, di recuperarmi un dizionario. E mi sento un'idiota.
Mi piace pensare a una cosa tipo Ghost, dove lui è sempre con me, ovviamente molto più figo di Patrick Swayze, ma la sua voce non la sento. La ricordo e basta, mi ero ripromessa di non dimenticarla mai.
Quando prima di cena sono in camera mia sogno di sentire il suo passo deciso sul parquet delle scale e i suoi quattro tocchi alla porta della mia stanza (rimane l'unico nella storia ad essersi mai degnato di bussare) per poi vederlo entrare e rispondere alle sue mille domande sulla mia giornata.
Aveva il potere di farmi credere che quel mio piccolo straccio di vita adolescenziale tra casa e scuola fosse davvero qualcosa di importante. Il problema è continuare ad esserne convinti.



lunedì 2 aprile 2012

pro"men"moria

Oggi in metropolitana mi annoio, così decido di creare tra le note dell'iPhone un elenco che mi ricordi le caratteristiche chiave degli uomini (o presunti tali) con cui è meglio non uscire.

Non importa quali meravigliose parole siano uscite dalle sue labbra perfette o quanto il suo lato b appaia marmoreo, tu, cara Carlotta, non esci con:

Quelli che usano tre lingue diverse nello stesso sms,
Quelli che usano "figa" come intercalare,
Quelli col gilet da pescatore quando non sono a pesca,
Quelli che scrivono "6" il presente indicativo del verbo essere seconda persona singolare,
Quelli che non hanno finito l'università ma "gli mancava solo un esamino",
Quelli con delle brutte scarpe,
Quelli che si pinzettano le sopracciglia,
Quelli che se ti passano a prendere te lo fanno pesare come se avessero attraversato la Manica a dorso, a gennaio,
Quelli con i peli sulla schiena,
Quelli che mentono sulla loro età,
Quelli col borsello,
Quelli con la forfora,
Quelli che dicono "è uguale",
Quelli che leggono Fabio Volo,
Quelli che avanzano critiche sul tuo modo di vestire,
Quelli che dopo averti portata fuori ti salutano dandoti il cinque,
Quelli che si depilano (solo la schiena è concessa),
Quelli che parlano solo di quanto erano ubriachi/fatti quella volta,
Quelli che fanno finta di non sapere quanti anni hai,
Quelli che ti dicono "Che hai fatto ai capelli?",
Quelli che rispondono "no niente" (posso farlo solo io),
Quelli che ci mettono più di te a prepararsi,
Quelli che non si lavano,
Quelli che danno nomignoli agli amici maschi tipo "il Lulli" o "il Tato",
Quelli che si tingono i capelli,
Quelli che si impanicano se in uno sport sei più brava di loro,
Quelli che fanno considerazioni del tipo "le donne dovrebbero stare solo in cucina",
Quelli con i calzini bianchi quando non fanno attività fisica,
Quelli che hanno un book e lo mettono su Facebook,
Quelli che si dimenticano il portafogli,
Quelli che in palestra fanno solo la parte superiore,
Quelli che si prendono solo sul serio.

[...] Questa lista non è conclusa, gli esemplari liberi là fuori sono pronti a stupirci ancora.

N.B. Tutti questi soggetti sono realmente esistenti, ogni riferimento a cose o persone non è puramente casuale.


giovedì 29 marzo 2012

maledetta primavera

E anche marzo è praticamente finito. Nuove insopportabili coppiette spuntano da ogni angolo mentre i single intensificano la frequenza delle loro visite alla palestra, chissà se il morettino che sta tubando con quella specie di mostriciattolo a giugno non verrà distratto da un nubile gluteo scolpito a colpi di spinning.
Love is in the air e, a dirla tutta, anche la maturità e i pollini scatena-allergie.
In un impeto di eroico sentimento eco-friendly ho anche deciso che girare in bicicletta mi piace tantissimo e così pedalo almeno un'oretta al giorno, cosa che, aggiunta all'effetto pedana vibrante del pavé e alla contrazione addominale dei minuti di terrore da rotaia scivolosa, dovrebbe aiutare il mio fisichino da studente rammollita ad avvicinarsi a quello di un normale esemplare, femminile, di diciottenne.
Le giornate si allungano, gli aperitivi hanno di nuovo senso di esistere e il cazzeggio non si esercita più sul divano ma al parco.
A girare con paltò e calze pesanti rimangono solo alcune nonne particolarmente freddolose e, mentre il maschio sotto i 25 si autorizza a indossare il bermuda, noi fanciulle siamo felicissime di azzardare improbabili accostamenti da mezza stagione del tipo gilet di pelliccia con sandali o collant con smanicato.
La doccia non è più bollente da calo di pressione immediato, ma una fresca cascata volta alla rigenerazione pre-Negroni delle 19.
I capelli possono essere lasciati umidi senza il rischio di una broncopolmonite immediata.
Sulle agende delle donne compaiono già le programmazioni di regolarissime sedute dall'estetista: il ritmo delle cerette si intensifica e la pedicure va mantenuta al di sopra del livello della decenza (ma con questo clima tutte le fatiche sembrano meno pesanti e pur di mettere quel nuovo paio di Pedro Garcia, starei seduta su un lettino anche per otto ore).
Mentre tutti raccontano del loro risveglio di ormoni e di culo in amore a me puntualissimo viene l'annuale orzaiolo e così, con il mio gonfissimo occhio destro nascosto sotto un paio di enormi occhiali da sole, mi limito a osservare divertita come i milanesi abbandonano il cinismo appena vedono il sole.



giovedì 8 marzo 2012

bambine-anatroccolo, donne-cigno

Gli anni peggiori nella vita di una ragazza sono senza ombra di dubbio quelli dalla seconda media alla terza liceo, quelli in cui chi non ha la fortuna di appartenere alla divina specie delle strafighe è irrimediabilmente orrenda. Il corpo cambia a una velocità alla quale è impossibile stare dietro, il grasso raggiunge anche i fianchi, incontriamo la ritenzione idrica e rassegnate sostituiamo (almeno nella teoria) alla nutella una barretta a basso contenuto calorico. Ci muoviamo senza il minimo accenno di disinvoltura in un involucro che sembra non appartenerci più e che, a dirla tutta, ci fa anche abbastanza schifo. Appena qualcuno ha la sventurata idea di degnarci di una minima parte della sua attenzione, ci stampiamo in faccia un’espressione da pesce lesso sognante e partiamo con la proiezione di tutte le nostre aspettative sul poveretto in questione. Il nostro pensiero è monotematico e per settimane, a volte mesi, ci muoviamo con la lingua che sfiora terra programmando incroci fintamente casuali con l’oggetto dei nostri desideri. Un suo rigido e imbarazzato saluto ci risolve la giornata, una mezza figura di merda ci rende insopportabili per un considerevole lasso di tempo. Poi, un giorno, quelli che si accorgevano della nostra presenza solo quando ci trovavamo tra di loro e la bottiglia di vodka, scoprono che non siamo solo “l’amica di quella bionda carina” ma che, cosa che ha dell’incredibile, abbiamo anche un nome, “Che bel nome”. Dal ritrovarci a programmare all’ultimo momento stiracchiate birrette del sabato sera, ampliamo alle notti infrasettimanali le nostre esperienze di vita mondana. Conosciamo il brivido dell’essere invitate, il nostro numero non è più un’esclusiva di mammina e delle due amiche del cuore, i vestiti più carini fanno un giro fuori dall’armadio. Qualcuno ha persino la delicatezza di esternare la sua sorpresa esplicitamente facendoci notare quanto siamo “migliorate”. Ma indubbiamente i momenti migliori sono quelli in cui ci ritroviamo, con una divina naturalezza che non sapevamo neanche di possedere, a trattare di merda quelli dietro ai quali abbiamo sbavato per mesi senza ricevere nulla a parte qualche (a volte meritata) presa per il culo. Ed ecco che il due di picche, prima solo ricevuto, diventa uno sport e, allo stesso tempo, un efficacissimo strumento di vendetta.

mercoledì 7 marzo 2012

La buena educación

Non importa quanto tu ti atteggi a radical-cinico: nessuno sfugge all'infatuazione. Che per te siano farfalle nello stomaco o ormoni troppo svegli è indifferente. Certe donne quel brivido lo sentono quando la mano di lui scivola sulla loro coscia, io mi emoziono quando uno mi apre (e chiude) la portiera. Ci pensavo questa mattina, è davvero così assurdo che un essere umano di sesso maschile apra una portiera? E' così fantascientifico che ti accompagni al cancello alzando il mascolino gluteo dal sedile del guidatore? Che non rimanga sul marciapiede lasciando camminare te in mezzo alla strada (magari con un considerevole tacco, messo per apparire figa davanti allo stronzo che ti guarda dall'alto del gradino, a sfidare il pavé)? Care fanciulle non disperate: la cavalleria non è morta, semplicemente è in via d'estinzione e dobbiamo vedere di tutelarne l'esistenza facendo dell'uomo educato una specie protetta, della quale promuovere la riproduzione. Compito al quale assolveremo senza troppo fastidio, dal momento che "prego vada lei" è la cosa più sexy (e insieme commovente) che una donna possa sentirsi dire. "Prima le signore" ormai lo dicono solo i tuoi compagni di liceo in occasione delle interrogazioni e i fratelli quando si va a fare una visita medica insieme. E un po' sarà anche colpa nostra che per tanto tempo abbiamo sbandierato al mondo il nostro amore per l'uomo, spettinato, sporco, rude, ribelle, bastardo. Per poi puntualmente, dopo ogni rottura, passare serate a piangere sfondandoci di gelato guardando Colazione da Tiffany o Casablanca, sognando uomini con la riga di lato, la voce grave, in abito perfetto anche il venerdì.

lunedì 27 febbraio 2012

carne-vale

Voglio cominciare questo post con un incipit glorioso: la palestra da settimana scorsa mi ha vista ben due volte e probabilmente dovrò incrementare il mio ritmo di allenamento, visti i fiancozzi dovuti all'incontenibile golosaggine della sottoscritta.
Dal momento che non è bastato mettere come sfondo del computer la pancia di Gisele Bundchen, vediamo se il sostegno della collettività può aiutarmi a trovare una motivazione per scollare il gluteo dal così comodo cuscino del divano.
Giuro che mi sento bellissima e che la mia improvvisa ed esplosiva forza di volontà non è in alcun modo collegata al fatto che negli ultimi giorni per Milano ci sia stata un'invasione di cosce del diametro del mio polso.
Come si fa ad essere così? Genetica? Ginnastica? Una foglia di insalata e tanta coca?
La risposta "Sono così di mio, mangio di tutto, il mio sport preferito è lo zapping" non si merita che un bel vaffanculo in risposta.
Ma, riconoscendo i limiti del mio fisico e della mia forza di volontà, l'invidia nei confronti delle indossatrici si tramuta subito in un autodifensivo "Ma che schifo, vuoi mettere toccare un bel sedere consistente? Dove sono le sue tette?"
Il mio inconscio lavora talmente bene da farmi venire voglia di un gelato ogni volta che una modella è costretta a schivare la mia filiforme figura, per farsi strada verso il successivo casting.
In fondo è credere nell'intelligenza (ed essere abbastanza presuntuosa da pensare si possederla almeno in minima quantità) a far sì che io trovi ancora il coraggio di uscire di casa e di accettare un drink da un soggetto di bella presenza.
Detto ciò dovrei anche ammettere che l'ultima volta che sono uscita, l'ho fatto con una maschera veneziana e una piuma gigante a coprirmi il viso.
Maschera che, ritrovata sul comodino la mattina seguente, ha fatto riemergere ricordi degni di qualche sorrisetto ( e, diciamolo, di un minimo incremento di autostima).




martedì 3 gennaio 2012

"Courma"

Dopo quindici cosiddette vacanze di Natale trascorse a La Thuile, quest'anno mammina ha deciso di scendere un po' più a valle e di provare l'ebbrezza di una vita sociale anche in montagna scegliendo come meta Courmayeur.
Sciuri fino in fondo e per esigenza di pura rilassatezza dopo lo stress degli ultimi mesi, ci parcheggiamo in albergo con la nostra valigia di calzamaglie e pile (e aggiunta di qualche strass, siamo pur sempre a Courma e qua bisogna darsi un tono).
Già dopo qualche giorno e alcuni aperitivi (al Posta, che domande) porto a casa l'importante risultato di aver visto Alba Parietti e il suo corredo di botox, silicone e pelliccia portare fuori il cane e di aver contato ben sei paia di tacchi schivare il ghiaccio e la neve sfuggiti allo scioglimento.
Se siete degli individui con una dignità saprete quanto non ci si possa perdere il Courmaclub e tantomeno lo Shatush e visitandoli entrambi ho adempiuto ai miei doveri di milanesina-bene, che con un vodka-lemon in mano diventano decisamente più sopportabili.
Sulle piste sei davvero figo solo se il tuo outfit è particolarmente variopinto, e la solita miss Parietti lo sa e indossa una tuta viola lucida firmata Moncler, che meraviglia, mi viene quasi voglia di spiaccicarci accidentalmente sopra il ketchup del mio hot-dog, ma evito.
La divisa del soggetto di tendenza comprende poi sci assurdamente larghi, colorati e costosi e un bello zaino dove tenere la reflex, si va solo fuori pista a destreggiarsi in mille estreme evoluzioni, che non si mancherà di far immortalare per poi spiattellare le foto su facebook e cambiare l'immagine del profilo estiva con una invernale.
"Courmayeur è come Milano, ma senza la gente che non conosci", ad ogni angolo incontri qualcuno, per fare una via di cinquanta metri ci impieghi un'ora e arrivi al bar spossato dalla fatica di cercare argomenti di conversazione che non ti rendano patetico e superficiale davanti a chi ti trova "così cresciuto" nell'ultimo anno. Una buona percentuale dei presenti sono persone che non vorrei incontrare mentre mia mamma, più fortunata, si diletta nel fantastico gioco del "Carramba che sorpresa" con gli amici dei tempi dell'università.
Mi lamento un po': le piste non sono un sogno, c'è troppa gente e in fondo sono sempre una ragazza di diciott'anni e il mio personaggio prevede la lagnite, che scatta appena si ha troppo tempo per pensare e dunque paranoiarsi.
Sentirmi in dovere di truccarmi per andare a bere una cioccolata mi mette un po' ansia ma gli esilaranti risultati del mio people-watching per il corso contribuiscono ad alleggerire il mio tedio. A la Thuile se nevica tiri su il cappuccio, a Courmayeur apri l'ombrello e lo cacci negli occhi dei passanti: la tua piega fatta non può mica venire minacciata da qualche fiocco di neve.