giovedì 22 dicembre 2011

Caro babbo

Ormai sono un po' cresciuta per meritarmi l'attenzione del barbuto ciccione di rosso vestito, ma potrò farla anche io una letterina sterile?

Caro Babbo Natale, come va? Tutto bene?
La senti la crisi? Spero di no, non sarebbe giusto nei confronti della generazione dei Gormiti e delle Winx, i cui più viziati esponenti sono lì che aspettano i tuoi pacchi e non vedono l'ora di trovare le briciole dei biscotti lasciati per te in salotto.
Sono perfettamente consapevole del fatto che la mia letterina è quella che in assoluto preferisci leggere ogni anno e anche oggi eccomi qui. Niente da dire sui regali degli anni passati, ti sei comportato piuttosto bene ma, da eterna insoddisfatta quale sono, non mancherò di avanzare qualche insana richiesta anche quest'anno.
Qua fa un freddo culo e non riesco a capacitarmi di come tu faccia ad avere sempre quel bel sorrisone, avendo perennemente le chiappe congelate, ma credo potrò sopravvivere anche senza questa risposta. Volevo chiederti se, per favore, potresti far nevicare, a me piace tanto il Natale imbiancato, molto imbiancato, ma da una neve speciale, che non blocchi la città sciogliendosi tutta già il 26, che vorrei partire per la montagna bella tranquilla.
Questo Natale, carissimo Babbo, vorrei per favore anzi, ti prego, una memoria esterna come ausilio alla mia scarsa materia grigia, devo studiare tanto e proprio non me la sento di cancellare i testi dei Backstreet Boys e delle Spice che ho fatto tanta fatica ad imparare.
Vorrei anche, se ti avanza del tempo, la pace nel mondo, qualche paio di scarpe, stare simpatica ai miei ex, un sacco di fascino, delle tette più grandi e la forza di volontà per una dieta e per andare in palestra, così da rispettare, almeno una volta, un buon proposito per il nuovo anno.
Mi piacerebbe avere dei capelli che si asciugano in un secondo, con tanti morbidi boccoli naturali e già che ci sei fammi bionda, che cucco di più.
Se possibile ridarei indietro l'erre moscia che mi hai portato nel '95 e in cambio vorrei una vocina suadente e carina e una risata un po' più discreta, che non faccia voltare tutto il bar verso di me quando raccontano qualcosa di esilarante, e magari anche dei denti tra i quali non rimanga incastrato il solito spinacio bastardo.
Infine vorrei un telefono che abbia sempre il massimo di credito ma soprattutto di batteria, molte grazie.
Ah e vorrei, lo vorrei tanto, l'amore, quello vero e soprattutto la dote di saperlo riconoscere, ma quello, caro Babbo, mi sa che è meglio che me la procuri da sola: ho il presentimento che un vecchio ciccione che non si cambia mai i vestiti non abbia tanto da raccontare sull'argomento sentimentale.

Al prossimo anno.

Con affetto tua Carlotta.




martedì 13 dicembre 2011

folies

Da piccola, quando facevo il bagno e l'acqua scorreva producendo un rumore abbastanza forte da coprire le mie parole, fingevo di essere intervistata da non so chi, rispondendo ad alta voce.
Mi piaceva tantissimo fare la splendida, come non avrei mai avuto il coraggio di fare davanti a qualcuno.
Davo risposte su un lavoro, una famiglia e un successo tanto inverosimili quanto esaltanti, producendo tanto bel materiale da psicanalisi.
La vasca da bagno è rimasto il luogo delle mie (spesso non troppo profonde) riflessioni, un posto dove scappare e dove esercitare il mio sacrosanto diritto di perdere tempo: provate a studiare immersi nella schiuma, l'impossibilità assoluta di concludere qualcosa è provabile scientificamente.
Il silenzio assoluto che regna nel bagno azzurro di mia madre è particolarmente propedeutico al viaggio mentale e, a seguito del calo della pressione dovuto ai millemila gradi dell'acqua, i miei pensieri rimbombano letteralmente nella mia testolina, pigramente appoggiata sul bordo.
Ogni tanto, confesso, mi ritrovo a sussurrare, e non soltanto le parole qualche pessima canzone.
A volte abbiamo bisogno di sentire il suono della nostra voce, di sentire declamate proprio dalla nostra ugola (che sia aurea o meno) le risposte in cui non osiamo credere troppo.
Siamo onesti: la scena di chi, per trovare sicurezza, si allena davanti allo specchio non è pura invenzione cinematografica. Che sia per cercare le parole per un discorso ad un evento ufficiale o per trovare la parte di Angelina Jolie che abbiamo in noi ( e che, personalmente, ho ritrovato nel lobo del mio orecchio sinistro), parlare e commentare con noi stessi è utile e necessario.
Uomini non illudetevi che sia stata clemente: ho fatto un riferimento femminile poiché voi nascete già convinti di essere meglio di Clooney.
Ma sembra che quel meraviglioso stronzo che è lo specchio possa avere uno stato d'animo diverso a seconda della giornata e la capacità di influenzare enormemente l'umore di noi vanitosi esseri umani. Alla mattina non è indicato passare davanti a superfici riflettenti e raccomando di dare sempre le spalle a quelli degli ascensori, dove la combinazione luce al neon-vetro non può che produrre figure orrificanti.
Nessuno di noi ammetterebbe mai davanti a qualcuno (ed è proprio per questo che io, codardamente, scrivo) di avere avuto un momento in cui si è ritenuto fighissimo: è molto più socialmente accettabile atteggiarsi a personaggi dall'ammirabie modestia.
I complimenti piacciono a tutti e quelli più importanti sono quelli che ci facciamo da soli. Io ho imparato a farmeli al terzo shopping adolescenziale con mammina, la quale indirizzava i suoi apprezzamenti ai vestiti che "mi sarebbero stati benissimo, se non avessi avuto una ciambella di tre chili attorno ai fianchi". E mi ricordo di quando mio padre, due settimane prima della sua scomparsa, proprio in un ascensore, mi ha detto"Hai avuto un periodo in cui eri proprio bruttina, ora stai migliorando", ah il cieco amore dei genitori.
Ringrazio Gisele Bundchen per avermi fatto fare pace col mio naso, un po' meno per come ha influenzato il mio rapporto col mio sedere. Ma, nonostante lei, le sue diaboliche amichette la cui dieta non prevede la masticazione, e un fratello che ama tanto ricordarmi quanto non assomigli a loro neanche lontamente, qualche volta mi sento carina.
Non sono Adriana Lima (sembro più Sofia Coppola, ho tanto fascino) ma cos'è la bellezza riconosciuta dal mondo a confronto con la birra, il cioccolato e la pizza?

mercoledì 7 dicembre 2011

favole

Ah, gli uomini. Seppure noi fanciulle affrontiamo sempre l'argomento con un insano, ingiustificato, irrazionale ottimismo, arriva sempre il momento in cui la lente di buone intenzioni attraverso la quale li scrutiamo si infrange, ed ecco che i principi tornano rospi, le carrozze zucche e le scarpette di cristallo fanno solamente malissimo ai piedi.
Fortunatamente il periodo che passiamo raschiando il fondo dell'Haagen Dazs più caramelloso disponibile nel banco frigo, cantando canzoni a tema rottura come Insieme a te non ci sto più o qualche altra perla di Battisti o Anna Oxa, dura di solito non più di alcune settimane, dopo le quali siamo di nuovo pronte a rituffarci tra i campioni della seduzione che popolano il mondo esterno. Notare bene: nel caso di un più lungo periodo senza spiragli di luce all'orizzonte, le vostre amiche provvederanno a contattare la Stefanenko e il suo team, e sono cazzi vostri.
La nostra speranza di non incontrare un altro seguace della filosofia del teorema di Ferradini non muore mai e imperterrite accettiamo o proponiamo, andando contro alla fondamentale legge del "fai la preziosa", un'altra uscita.
Raccimolata l'autostima rimanente, spalanchiamo l'armadio in cerca di qualcosa da mettere che ci faccia sembrare carine ma non sciure, eleganti ma casual, insomma qualcosa che trasmetta "non che ho passato due ore a pensare a cosa mettermi, io sono sempre così", qualcosa che non esiste o che, peggio, non abbiamo.
Ed eccola, immancabile, la quasi crisi isterica.
Specchio, argh! Quello che facciamo non è truccarci ma operare un vero e proprio restauro.
Ci scompigliamo un po' i capelli, prima dei cinquanta la piega fatta non è un pregio, e finalmente usciamo, tentando di arrivare in ritardo di quei dieci minuti che a quanto pare ti strafigano (ma io sono un po' come mia nonna e non ci riesco proprio ad arrivare dopo l'orario stabilito). Durante il tragitto passiamo in rassegna tutti i nostri errori accumulati di uscita in uscita, di pseudorelazione in pseudorelazione, giusto per farci salire un po' di sano panico contorci-stomaco e arrivare tremanti al luogo dell'incontro.
Forse crediamo di rendere meglio sotto pressione, forse siamo semplicemente masochiste.
Le femmine sanno farsi mille problemi per delle cagate, è vero, ma, tutte le volte che questa frase balena nella mia mente, penso all'aumento del tono di voce degli uomini quando parlano di sport, e mi sento in pace con me stessa.
Armate di tutto il cinismo possibile incontriamo il povero malcapitato che, con grande probabilità, a minuti si chiederà perché si trova lì in quel momento.
Non dev'essere facile essere un ragazzo e trovarsi davanti un'acidella indottrinata dalle amiche su come cosa quando deve essere un appuntamento. Ti apre la porta? Paga? Parla delle ex?
Se anche gli uomini hanno un elenco delle cose da non fare, io ho una media di cinque-sei errori gravi, quelli da segnare in blu, per ogni uscita.
E poi noi donne siamo stronze, cerchiamo sempre qualcosa che potrebbe essere migliorata, un errore, una cazzata, perché correggere l'altro sesso ci illude di essere forti e distaccate, immuni agli occhi dolci di chiunque, ma non è così.
E non è così per colpa di quegli strani esseri paranormali che non fanno un passo falso, che sorridono tutto il tempo e ti parlano guardandoti in faccia e che ascoltano la risposta del "come stai?" che ti hanno appena posto con una sincera attenzione.
Quelli che dopo che sono usciti con te per la prima volta e averti portata a casa, ti mandano pure un messaggio per ribadire che con te sono stati bene, e questo mini-lieto fine di una sera te lo fanno godere fino in fondo.





lunedì 5 dicembre 2011

bella pippo!

Fanno da dolce sottofondo le urla dei giocatori collegati online di Call of Duty (COD per i fighi, un videogioco di guerra iperviolento per le persone normali e senza figli maschi adolescenti), nuova ossessione di mio fratello Filippo, sedici anni, che insieme a mio cugino salta sul divano imprecando contro chi lo ha appena annientato con un colpo di mitragliatrice.
Pippo, così lo chiamiamo tutti, è uno stangone che, come tutti i suoi coetanei, crede che fare i duri corrisponda a essere molto fighi. La caratterizzazione del suo personaggio prevede odiare me e parlarmi solo per insultarmi o prendermi per il culo davanti agli amici, ostentando grande sicurezza.
Devo ammetterlo: sa essere dolcissimo e non riesco comunque a smettere di adorarlo, nonostante i suoi slanci d'affetto siano spesso finalizzati a convincermi a presentargli le mie amiche, con le quali non manca di fare il brillante (come d'altronde con tutte le donne) anche se, essendo la sorella, non so dire se ci sappia fare come dice, mi documenterò.
Purtroppo per noi e per la sua modestia è molto carino, ha superato direi definitivamente l'età del brufolo diffuso e il suo fisico non assomiglia ormai più a una mensola Ikea messa in verticale.
Nonostante la giovanissima età, ricopre il difficile ruolo dell'uomo di casa e devo riconoscere che ha saputo prendersi tutte le sue responsabilità e che i momenti in cui "non c'ha sbatti" diventano sempre meno ogni giorno che passa. Il suo autocontrollo e la sua serietà a volte sono quasi spaventosi, finché non minaccia di ucciderti perché hai spostato il telecomando e ti senti sollevato dalla scoperta che anche in lui vi è qualcosa di umano.
Soffro un po' del fatto che non gli interessi molto passare del tempo con sua sorella ma, probabilmente, se anche io fossi un'altra persona mi guarderei bene dal frequentarmi.
Mi piacerebbe essergli utile, tornare a quando fingevo di sapergli leggere le favole e mi infilavo nel suo lettino, spiaccicandolo con il mio dolce peso, ma credo che in fondo la sua attuale ostilità nei miei confronti possa essere un pochino giustificata dal risentimento lecitamente accumulato negli anni in cui è dovuto sottostare al mio regime tirannico. Quando ancora ero più alta di lui e potevo minacciarlo di punizioni corporali riuscivo a costringerlo a riconoscermi come il genio supremo dalle idee incontestabili, spingendolo a fare più o meno qualsiasi cosa. Questo finché non ha sventuratamente scoperto che, essendo lui il più piccolo dei due, il suo pianto avrebbe spinto la mamma a dargli ragione praticamente in qualsiasi circostanza e ha cominciato, da bambino furbo quale era, a sfruttare la sua posizione.
L'unico argomento su cui ha sempre discusso con i nostri genitori è la scuola, ma un clamoroso (non c'è aggettivo che sia più adatto) dieci in filosofia sta convincendo tutti di una sua illuminazione.
Ah, i figli maschi, così poco diligenti...in realtà il poveretto frequenta uno dei licei più tosti di Milano ed è molto lontano dall'assomigliare anche lontanamente a un soggetto difficile. Diciamo che appartiene alla specie degli intelligenti che a volte non si applicano, ecco. Il problema è che anche quando ti comunica che ha preso due lo fa con quel sorriso, incorniciato da due fossette immense, che ha ammaliato grandi e piccine con la sua tenerezza. Come fai a incazzarti davvero con uno che ti rivolge due occhioni che manco Red e Toby e che non articola una frase senza dire almeno sette volte tipo o c'è? Te lo dico io: non puoi.
Perchè Pippo è Pippo e anche se mi ha abbracciata una volta nella vita quella volta ho sentito che su di lui avrei potuto sempre contare, sia per farmi chiamare cogliona che per affrontare uno dei tanti sgambetti della vita.
Mi sono sempre lamentata del fatto che non volesse parlare con me e condividere verbalmente le sue sensazioni ma a chi servono le parole quando sai che colui che hai davanti è un vero membro della tua famiglia, ovvero che ti vorrà davvero bene qualunque sarà lo sviluppo futuro delle vostre storie personali?
Lascia correre tantissimi miei errori e mancanze e, fidatevi, per sopportarmi ci vuole davvero tanta pazienza, non invidio e ammiro lui e mamma che sono costretti a vivere con me e non mi hanno ancora fatta a pezzetti e nascosta in cantina. Mio fratello sarebbe perfetto, se non per il fatto che grazie a un videogioco ha monopolizzato la televisione in salotto (quella, preziosissima, munita di SKY) ed è letteralmente ossessionato con il golf.
Ormai ha superato il periodo di clausura (quello immediatamente successivo alla scoperta del deodorante) ed esce con gli amici, gioca a poker ed è considerato una specie di playboy, insomma la sua posizione nella scala della popolarità è decisamente più alta di quella di sua sorella, i cui programmi del sabato sera includono sempre più spesso il cinema e sempre meno andare per locali.
Dopo averlo così orgogliosamente pubblicizzato mi sento in dovere di dire un'ultima cosa: care fanciulle non pensate di portarmelo via così facilmente, sono molto molto gelosa del mio fratellino.

venerdì 2 dicembre 2011

arieccome

Sono passati davvero troppi giorni dall'ultima volta che sono riuscita a scrivere, causa troppa roba da studiare e un'urgente riorganizzazione dell'armadio che mammina mi ha esortato più volte ad affrontare. Impresa titanica ahimè non ancora conclusa ma almeno già avviata: la lotta contro quell'essere dotato di vita propria che mangia Zara e caga disordine si può dire ufficialmente iniziata. Peccato che il combattimento in questione assomigli in tutto a quello che il caro Ercole intentò contro l'idra e che ogni maglietta appallottolata nasconda otto diversi top ancora da piegare. Va bene, basta parlare del mio armadio o, per meglio dire, di ciò che ho accumulato in 18 anni vissuti da devota fedele della religione del "non-si-butta-via-nulla": mi rende nervosa.
A parte questa esperienza, pienamente definibile come paranormale (si scoprono cose incredibili che neanche ci si ricordava di possedere), in questi giorni infiniti trascorsi senza scrivere sono successe un sacco di cose che mi hanno fatto riflettere su quanto gli esseri umani siano per natura maldisposti ad affrontare i cambiamenti.
Che lo ammettiamo o no abbiamo tutti delle abitudini che custodiamo gelosamente e impazziamo all'idea che qualcuno possa portarcele via.
Consideriamo positivo l'andamento degli eventi solo se rispetta esattamente le nostre previsioni.
Dopo circa dieci mesi Enri ed io ci siamo lasciati ed eccomi, di nuovo immersa nel mio tanto affezionato mood cinico andante, a recuperare le vecchie usanze e a crearne di nuove; alla luce dei fatti, non credo che esista gesto più coraggioso della decisione di cambiare davvero il proprio atteggiamento generale verso le cose.
Il primo istinto che abbiamo davanti alla modifica dei nostri piani è quello di nasconderci sotto un piumone e minacciare l'universo-mondo di non degnarlo mai più della nostra presenza.
Certo è importante ricordare che, in caso di piccola-media catastrofe, il soggetto che ha subito il trauma ha diritto a un'ora di compatimento, ricordando però che il pianto lagnoso oltre i sessanta minuti passa da essere terapeutico a nocivo.
Quando ci accorgiamo che il mondo andrà avanti comunque, seguendo i suoi ritmi e senza patire minimamente la nostra mancanza, l'unica possibilità di superare la fase del pessimismo cosmico senza uscita (per intenderci: quella in cui si risponde a tutti "Tu non mi capisci") è darsi quel calcio nel culo che ci si può dare unicamente da soli (lo so che è impossibile: è una acuta metafora finalizzata a questa stupida parentesi che non fa ridere).
Ci si deve obbligare ad affrontare di petto tutte le cose odiose che la vita quotidiana comprende e che, se si è fortunati, vanno dall'alzarsi la mattina all'arrivare a casa sempre con meno forze. Un'altra cosa che funziona e che pensavo fosse solo un'utopia di quelle sette assurde che predicano il "pensiero positivo" è quella di tentare di sorridere di più : vi sembrerà assurdo ma aiuta ad avvicinare le persone, la regola del broncio non vale più neanche per Kate Moss e Sean Penn, figuriamoci per noi, dai.
Ah, un'altra cosa che mi fa alzare dal letto la mattina è la ferma convinzione che farsi una sana figura di merda con una persona conosciuta da poco sia un diritto inalienabile e sacrosanto, che oltretutto offre del meraviglioso materiale per rianimare le conversazioni a rischio di encefalogramma piatto.
Cambiare fa paura ma nessuno ci dice che cambieremo in peggio.